Oca

Cercando un temperamatite in uno dei disordinatissimi cassetti del mio studio, ho aperto una scatola dalla quale è emerso un pezzetto della mia infanzia: il gioco del Domino, con le tessere di bachelite che gli anni hanno reso fragilissime. Accanto c’erano anche le pedine della Dama, o della Tria. Son rimasto col respiro sospeso, mentre precipitavo nel vortice dei ricordi e recuperavo memoria di tantissimi altri giochi che hanno segnato il tempo di quand’ero bambino. Pulce … si gioca ancora a Pulce? Con i dischetti di plastica colorata, e la barretta di plastica dura che serviva a farli saltare nel tentativo di sovrapporre quelli del tuo colore agli altri, quelli dei tuoi avversari. Che tenerezza! E lo Shiangai? I bastoncini di legno, da estrarre dal mucchio senza far muovere tutti gli altri, incastrati l’uno con l’altro. Quanto ho tormentato i miei fratelli, e i loro amici, perché giocassero con me a Shangai! 


E poi c’era il gioco dell’Oca.

Ho scoperto che l’Oca è uno dei giochi più antichi che si conoscano. Forse con esso si divertivano anche i Faraoni e i sovrani dell’estremo Oriente. Ho letto che alcuni musei ne conservano esemplari rarissimi, veri capolavori d’arte per i colori e per le figure che ornano le caselle.

Simile al canonico gioco dell’Oca ce n’è un altro particolare, e ormai davvero raro. Pare che al mondo ne siano rimaste due sole copie, volumi composti da un centinaio di fogli, e qualche pagina strappata da altri volumi ormai perduti, conservata da qualcuno che magari non ne conosce la storia. Che è piuttosto antica: cinque secoli … più o meno quanto ci separa dal tempo in cui in Europa infuriava la caccia alle streghe.

La Chiesa ha sempre punito gli indovini e l’arte della divinazione. Guai se si veniva scoperti dell’Inquisizione a leggere la mano, o a maneggiare i tarocchi o altri simili strumenti di predizione del futuro. In un attimo si finiva in galera, a volte sul rogo. 

Con qualche eccezione.


Sigismondo Fanti visse tra la fine del ‘400 e i primi decenni del secolo successivo. Era matematico, astronomo e ingegnere militare, uno scienziato ben conosciuto ed apprezzato dai potenti di allora, anche se oggi quasi più nessuno si ricorda di lui. 

Ottenne dispensa dal Papa per perfezionare, e pubblicare più volte di seguito, una sua opera monumentale. Con essa chiunque, ponendosi in gioco con altre persone, oppure anche da solo, poteva analizzare la propria mente e scoprire quanto gli serbava il futuro.

Bisognava rispondere ad una serie di domande che venivano poste a mano a mano che si procedeva, gettando i dadi, lungo un percorso fatto di ruote, ognuna divisa in caselle, simili a quelle dell’Oca, ma, a detta di Fanti, disegnate e distribuite secondo le regole della matematica, della fisica e dell’astronomia. Soprattutto secondo quelle dell’astuzia.

Per il giocatore il risultato era sempre soddisfacente, almeno sotto qualche aspetto. In altri termini tutti si riconoscevano nelle sentenze del gioco, e potevano aspirare ad un futuro di serenità. Ciò contribuì alla diffusione di quell’Oca particolare, e alla fortuna del Fanti. Grazie ai proventi della sua opera, in assoluto la più lontana dalle regole della scienza, Fanti morì ricchissimo. 

Il gioco si intitolava Triompho di Fortuna. La Fortuna di Fanti.


Franco


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