Pozzi
Il papà decise che era ora di scaldare la casa con i termosifoni: uno in ogni stanza.
Si fece festa, in famiglia: finalmente il progresso arrivava anche da noi! Io ci capivo ben poco, ma l’idea del caldo nella mia stanza, soprattutto al mattino quando mi dovevo alzare per correre a scuola, mi riempiva di gioia, e di orgoglio per la geniale decisione del papà.
Arrivò in cortile un camion col cassone stipato di radiatori, quelli di una volta, di ghisa pesantissima. Fece manovra sull’acciottolato della corte, che sprofondò all’improvviso lasciando l’autocarro di sghimbescio, con una ruota posteriore sospesa nella profonda voragine che s’era aperta sotto il peso del carico trasportato.
Quando, con molta fatica, liberarono il camion, il papà studiò a lungo la situazione del nostro cortile. La voragine era bellissima da vedere: un buco largo più di un metro e mezzo, foderato di mattoni e ornato da una spirale perfetta di pietre sporgenti che scendevano avvitandosi verso il fondo, cinque o sei metri più in basso.
“È un pozzo - sentenziò il papà - forse d’epoca romana, oppure serviva al convento che, intorno all’anno mille c’era qua …” e indicava una parte degli edifici che s’affacciava sul cortile. Io capii solo che stavo ammirando un pezzo di storia, e immaginai i romani, in armatura e con l’elmo in testa, che si dissetavano con l’acqua del nostro pozzo. Il papà invece immaginò l’infinità di problemi che avrebbe avuto con la Sovrintendenza. Decise, così, di far venire una squadra di muratori; chiusero il pozzo e ripristinarono l’acciottolato.
Il mediatore che, venticinque anni fa, ci vendette la casa, ci mostrò la fotocopia di una carta topografica risalente alla fine del seicento. “Vede … la casa c’era già a quell’epoca … è questa qui - ed indicava un puntino in mezzo ai campi - lì c’era l’acqua buona, e nella corte c’era un pozzo al quale attingevano anche i contadini delle case vicine”. Nella mappa non si vedevano case lì intorno, ma il racconto mi piaceva. Un pozzo e l’acqua fresca, come ho raccontato, sono sempre stati parti essenziali dei miei sogni d’infanzia.
Oggi però penso d’essermi lasciato irretire da un racconto di pura fantasia.
Infatti ho studiato a lungo una carta del 1780, La gran carta del Padovano, stesa da Rizzi Zannoni con assoluta precisione topografica. Osservandola, la prima cosa che mi ha colpito è il cambiamento del paesaggio avvenuto da allora ad oggi, con la Brenta che ha radicalmente cambiato il suo corso. Tra i campi, fuori dalla città, corrono cento stradine, e tra le molte case di contadini forse c’è anche quella che il mediatore ci aveva indicato.
Di certo sulla Gran carta non è segnato alcun pozzo; però altrettanto di sicuro la gente non andava ad attingere acqua al fiume, perché ogni casa disponeva di un pozzo.
Forse dovrei scavare un po’ in giardino, alla ricerca del segreto che casa nostra quasi di certo nasconde.
Franco
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