Scale


Curiosa è la storia della Cattedra di Galileo, così come da tutti è chiamata la pedana, rozza e maltrattata dal tempo, che si può ammirare in una delle più suggestive sale del Bo’, la Sala dei Quaranta. Chi visita il palazzo dell’Università resta stupito di fronte a questo palco, povero e senza alcun ornamento, che sfigura di fronte alla magnificenza della sala che lo accoglie e ancor più rispetto all’adiacente Aula Magna, nella quale si trovava fino a cento e settant’anni fa. Sorge spontanea la domanda … Galileo insegnava proprio da lì? La storia è antica, ed in parte l’ho già raccontata. 

Vi sono, però, degli aneddoti curiosi che val la pena ricordare. Il primo riguarda i continui restauri del palazzo. Uno dei più importanti venne eseguito dall’amministrazione austroungarica intorno alla metà dell’ottocento. La Cattedra galileiana, che molti chiamavano Scala, si trovava allora nell’Aula Magna, il cui soffitto, con le pareti perimetrali, venne alzato di qualche metro e ornato con gli stupefacenti affreschi che oggi vi si possono ammirare. 

In quell’occasione si dovette smontare la cattedra per poterla spostare. Scoppiarono mille discussioni, e polemiche, tra le quali fece capolino il dubbio che quella non fosse la cattedra da cui insegnò Galileo, ma un oggetto, misero e pietoso, con cui era stata mascherata la distruzione dell’antico cimelio. Il Rettore del tempo dovette prodigarsi di fronte ai funzionari imperiali per sostenere l’autenticità del manufatto, ma anche in rettorato si sollevarono molti dubbi. La questione era allora tecnicamente irrisolvibile. Terminato il restauro, la cattedra venne rimontata e collocata nella sala in cui ancora oggi si trova, di fronte alle effigi dei grandi delle scienze che hanno mantenuto acceso nei secoli il lustro del nostro Ateneo, come studenti o come professori.

Un altro importante recupero strutturale del Bo’ avvenne durante la seconda guerra mondiale, seguito da un generale restauro di molti arredi ed ornamenti del palazzo. Vi intervenne anche Gio Ponti, cui si deve la splendida Scala del Sapere. Più recenti sono invece la sistemazione e il consolidamento della Cattedra/Scala di Galileo. 

Finalmente risolto l’antico dilemma! Le analisi confermarono che i legni sono dell’epoca di Galileo, ed alcune scritte, emerse dalle tavole a seguito della profonda pulizia, sono testimonianza del tempo in cui si provvide alla costruzione della scala che consentiva al grande fisico di tener lezione stando ben sopra la testa di chi s’affollava ad  ascoltarne il sapere. 

Forse anche Gio Ponti pensava a Galileo quando ornò la scala che conduce al Rettorato abbracciando il Palinuro, la statua di Martini, che simboleggia la voglia d’esplorazione e di scoperta. Le pareti affrescate da Ponti illustrano in sequenza le tappe dello studio e dell’apprendimento, così come fanno le mille tessere colorate che ornano l’alzata dei gradini. Secondo alcuni studiosi esse stanno ad indicare le minuscole tappe della conoscenza e della scoperta che compongono il vero sapere. 

Accanto all’ultimo affresco, in alto, immaginando lo studioso divenuto ormai vecchio e stanco, è stato riportato un aforisma cinquecentesco: “Anchora imparo”. 

Insomma, due scale, un unico significato: lo studio e la voglia di apprendere sono e resteranno i fondamenti del sapere. E dell’Umanità.


Franco



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