Trivellato
Il papà mi aveva portato con sé fino all’Autofficina Trivellato, vicino allo Stadio di Vicenza. Non era di buon umore; la sua vecchia Topolino lo aveva lasciato un’altra volta per strada e le continue riparazioni cominciavano a pesargli non solo sul portafogli, ma anche sullo spirito. Amava la sicurezza, e la sua Topolino non gliene dava più neanche un po’.
Vedevo che il papà stava discutendo con Trivellato, che scuoteva la testa. Io ero rimasto a bocca aperta di fronte ad un’auto americana, immensa, carica di fronzoli e di cromature, con fanali e fanalini dappertutto, un bagagliaio in cui si sarebbe potuto parcheggiare anche la nostra vetturetta.
C’è questa …, stava dicendo Trivellato al Papà indicando la Buik color salmone che io stavo ammirando … ma le dico subito che consuma. Capii immediatamente che l’espressione del papà non prometteva nulla di buono. Di sicuro stava ruggendo dentro di sé, ma non voleva farlo capire al suo interlocutore. Accantonai dunque il sogno di sedermi in quel transatlantico, ma continuai ad accarezzarlo con gli occhi. Sentii il papà dire: ma non ci passa per il portone di casa! Dai Trivellato, non mi prenda per i fondelli! Risero tutti e due. E fui felice.
Era vero, non ci sarebbe passata per il portone di casa, e poi non mi sarebbe piaciuto avere una macchina di seconda mano di quegli ubriaconi americani che frequentavano il Jonny’s bar, molto discusso e malfamato, che stava a qualche passo da casa nostra. Tutti ne stavano alla larga. Che si tenessero pure quel carriolone pretenzioso e pieno di ghirigori … come un carro di carnevale!
Il papà comperò una Millecento. Di terza mano. Ma con garanzia di Trivellato. E poi era una Fiat. Roba nostra. Perfetta!
Franco
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