Fustagno


Portava sempre il cappello. Non ne era mai senza quando usciva di casa. D’estate portava un Panama bianco, o color della paglia. D’inverno ne indossava uno di feltro, molto elegante. Il papà lo chiamava il Borsalino, ma non sono sicuro che fosse davvero un copricapo di quel livello: il papà detestava l’ostentazione, anche se amava mantenere sempre un suo elegante aplomb. 

In montagna si era posto un nuovo problema, una scelta davvero ardua: era estate, ma i milleduecento metri si facevano sentire, anche se proprio non ricreavano le condizioni dell’inverno. Quale cappello mettere sulla testa?

Il papà trovò una soluzione salomonica, da mezza stagione, come avrebbe detto la Gemma: un cappello di fustagno, color delle nocciole, e con tesa piccola, non come i Borsalino invernali, né come i Panama, che per funzione somigliavano ai sombrero.


Quel cappello lo indossava anche le ultime volte che poté salire a Ronzone. 

Ogni anno, il primo giorno d’agosto noi si officiava una specie di rito pagano. Enzo ed io si accompagnava mogli e ragazzi fino al passo delle Palade. Un luogo magico, tra prati e boschi radi di larici e abeti, dove si incontrava pochissima gente, se non contadini armati di cote e di falci affilate. Si lasciava la macchina in un posto tranquillo e poi si saliva ancora, a piedi, fino al posto da noi preferito. 

Volle venire con noi anche il papà. Era ormai molto anziano, ma si piccava di camminare gagliardo, quasi come quand’era Alpino, sull’Altopiano, nel ’20. Per ogni buon conto portai con me anche una seggiola da regista, comoda e robusta. Fu molto utile nelle frequenti pause della camminata in salita, e poi anche ai margini dei boschi, dove si andò a raccogliere mirtilli, e qualche finferlo, oro nel verde. 

Si fece picnic sull’erba, col vino e con la torta della festa.

Il papà era felice, seduto nella mezz’ombra del bosco rado, col silenzio della montagna che lui adorava, coi figli e coi nipoti che gli sciamavano intorno, con la sigaretta tra le labbra e il giornale arrotolato in tasca; soprattutto, col suo nuovo cappello di fustagno ben calato sulla testa.


La foto ormai è molto vecchia; la luce ne ha sbiadito i colori sciupando la nitidezza dell’immagine. Non ho trovato il negativo, ma ho provato con lo scanner e col ritocco, per quanto possibile. 

Beh, il risultato non è eccezionale, ma è pur sempre un salto indietro nel tempo, forse di quaranta, o cinquant’anni, ed è come se il papà fosse ancora qui, accanto a me.


Franco


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