Pelo

La mamma Sandra aveva raccolto per tutta la sua vita una infinità di ricette. Era una gran quantità di fogli, ripiegati più volte nel tentativo di dare all’insieme una parvenza di dimensioni regolari. Li aveva poi pressati in una scatola di metallo verde-oro, forse dei biscotti Mellin, che anche lei, da bambina, aveva mangiato. Molte delle ricette della mamma Sandra venivano dall’esperienza del suo papà, il nonno Sandro, che era un cuoco sopraffino, una abilità conosciuta in città, ed altrove, già dalla fine dell’ottocento. La mamma ne era molto orgogliosa e sapeva che in quella scatola conservava un tesoro. 

La scatola è rimasta ad una delle mie sorelle. L’altra sorella ha ricopiato le ricette, quasi per intero. Anche mia moglie è riuscita a recuperare parte del tesoro, nella maniera più svelta possibile, cioè scattando fotografie per utilizzare al meglio il poco tempo che aveva a disposizione. 

Poi, con calma ha tentato di unire la nuova raccolta con quella, altrettanto preziosa, delle ricette di famiglia; ci siamo subito accorti che quelle di Sandra presentavano qualche problema. 

Ad esempio la lingua e la scrittura: a parte quelle in francese, facilmente recuperabili fatto salvo qualche termine tecnico, molte erano scritte in portoghese, a mano, su fogli ormai consunti e spesso macchiati: quasi impossibile trascriverle correttamente in italiano. Però, con infinita pazienza, ci siamo quasi riusciti.

Più arduo il secondo problema. Non sappiamo quando le ricette sono state scritte e dunque come procurarci la giusta quantità degli ingredienti, quando vengono indicati in questo modo: 15 centesimi di … Centesimi di Lira italiana, o di Franco francese? Oppure di Dobrao brasilero? Come la mettiamo con l’inflazione?

La stessa cosa vale per il peso e per il volume: sono espressi in deca, chili, in once, in libbre e poi, con unità imperiali o mercantili … e in litri oppure in galloni? Un disastro!

Gustosissimi i dolci, soprattutto quelli preparati con la cioccolata. Ce ne vuole almeno un bollo, il bollo della Sandra, una misura assolutamente variabile, che cambiava secondo la confezione, come la tavoletta dorata acquistata nella pasticceria sotto casa, che si divideva in barrette lunghe e strette, oppure quel classico blocco stampato in due parti, grossomodo quadrate, pesante almeno 300 grammi, che era cioccolata amara da cucina. Ricordo anche che l’unità di base per la gratificazione di noi bambini era il pezzettino rettangolare che veniva staccato dalla confezione comperata dal pizzicagnolo, il classico bollo di cioccolato!

Mi fa anche tenerezza il ricorso a termini che la mamma usava di frequente, cui noi si dava poca importanza, ma che per lei, evidentemente, avevano di sicuro una precisa dimensione: una lacrima di … un odore di … un pelo di … e via di questo passo, fino ai più facili da riproporre come pizzico, pugno, manciata, noce, spolverata  Insomma, sono parole che in cucina usiamo ogni giorno anche noi, spesso litigando. Grattugiami una manciata di parmigianoUna manciata mia o una manciata tua? La risposta è quasi sempre: dai, muoviti, gratta che non basta … un pelo di più


Franco



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