America


Con Eugenio ormai usciamo da soli in cerca di esperienze tutte nostre. Cioè da tenere segrete.

Lungo il viale principale del Lido c’è un bar che vende gelati. Ci attira una macchina fantascientifica: si preme un bottone, si tira una leva e ne esce gelato, colorato, spumoso. Se ne sente il profumo da lontano e ci viene l’acquolina in bocca. 

Questo è gelato americano, sentenzia Eugenio, che ha il culto dell’America, paese dove si inventano tutte le cose più incredibili. Il futuro è lì, di là dall’oceano. 


Siamo andati lungo un canale poco distante da casa dove c’è un pontile al quale attraccano barche di pescatori. Lì crescono canne, in mezzo alle quali ci si può nascondere. Abbiamo prelevato una sigaretta dal pacchetto da cui la zia attinge molto di frequente. Ci accucciamo tra le canne ed Eugenio si mette la sigaretta in bocca. Fa fatica coi fiammiferi, ma alla fine riesce a portare la fiamma alla sigaretta. Aspira, e subito me la passa. Aspiro anch’io. Mi gira la testa e mi bruciano la gola e gli occhi. Faccio però in tempo a vedere che anche lui ha cambiato colore. 

Nemmeno ricordo se le mamme hanno avvertito la puzza di sigaretta; forse l’odore di putredine del canneto ci ha salvati. 

Qualche giorno dopo sperimentiamo le sigarette che, di nascosto, fumano le nostre sorelle. Mercedes: scatoletta bianca con scritta dorata; sigarette a sezione ellittica, elegantissime. Non vomitammo. Le ragazze però si sono accorte del furto: contavano le sigarette, e non hanno fatto fatica a scoprire i colpevoli. 

Eugenio mi sbalordì: - ditelo alla mamma che vi abbiamo rubato la sigaretta - disse spavaldo alle nostre sorelle - vediamo cosa dice … -.

Geniale.  Americano anche lui, come la macchina del gelato!


Franco

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