Angeli


Il fiume faceva da confine.

Al di là del vecchio ponte degli Angeli stavano i cittadini, i signori. Al di qua pareva che ci fosse la periferia, e la campagna, popolate da villani.

Qualcuno protestava: le mura della città le vedete dalle finestre della scuola: sono al di qua del Bacchiglione! Oppure: guarda che San Pietro è la chiesa più antica della città! Non so se fosse vero, forse si … ma chi abitava in Corso Palladio, o chi vedeva dalle finestre di casa sua Porta Castello, la Basilica, il Teatro Olimpico, o Palazzo Chiericati, faceva spallucce: lui era diverso, era come se avesse in tasca una patente di nobiltà. 

Io mi accontentavo di vedere Palazzo Regaù, che mi pareva il più bello di tutti quelli di Vicenza, anche se mi avevano fatto notare che lì c’erano i dormitori pubblici, e che sotto ci stava il Jonny’s Bar, quello frequentato daimericani.

Allora, perché vieni a scuola qua? Era la domanda buona da fare. Nessuno la fece mai. Si preferì la guerra, cioè fare a gara a pallonate in palestra, oppure tirarsi calci sugli stinchi, in giardino, durante la ricreazione, quando i maestri non ci guardavano.

Alla fine, però, si divenne tutti amici: compagni in tutti i sensi. Si superava volentieri il confine, passando sul vecchio Ponte degli Angeli, per andare a giocare ai Giardini Salvi, a Porta castello. E neppure i signori disdegnavano di venire a giocare con noi, all’oratorio di San Pietro, che era grande ed accogliente più di ogni altro.


Franco



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