Doppietta
Passai la notte battendo i denti per il freddo, per il digiuno forzato, per la debolezza provocata dall’emorragia, per la tensione patita in ospedale.
Il giorno dopo non riuscii a studiare. Piero mi portò qualcosa da mangiare, ma nonostante lo stomaco pieno, il mondo continuava a girarmi intorno, confusamente.
Nel tardo pomeriggio provai a dormire, ma quando mi coricai avvertii un dolore acuto all’orecchio. Due ore dopo il dolore si era fatto lancinante, insopportabile.
Sul principio della notte strisciai fino alla stanza di Piero. Non ebbi bisogno di parlare: capì al volo. Mi portò di peso alla sua macchina. Notai che era stato previdente e aveva risolto il problema della portiera con la cinghia dei pantaloni passata intorno ai montanti dei due finestrini. Anche se il vetro dalla mia parte non poteva essere chiuso del tutto, almeno non dovevo tenere il braccio fuori dall’auto, a gelare.
Al pronto soccorso di Otorino, vedendomi, si misero a ridere. Non facciamo sconti per visite multiple, né abbonamenti, esclamò l’infermiere andando a chiamare il medico di guardia, che era lo stesso della sera prima.
Ancora il naso? Domandò preoccupato.
No, stavolta è l’orecchio, intervenne Piero sapendomi incapace di parlare.
Oddio, tra le nostre competenze ormai restano solo le tonsille, ma quelle le guardiamo domani … Spiritosooo … cercai di intervenire anch’io, stimolando l’umorismo dell’infermiere che se ne uscì con un: tasi che te fé pecà … te me fé slagrimare!
Una bella otite - sentenziò il medico - un classico di questa stagione … come dite voi Veneti - guardava l’infermiere - un bel colpo d’aria. Quando ho parlato di colpi d’aria a casa mia, in India, si sono messi tutti a ridere, facendo ironia su come si potesse colpire con l’aria … tipo cannoni e fucili ad aria compressa, ventagli potenti e prodigiosi, mantici grandi come elefanti, oppure ventilatori efficienti come eliche d’aereo …
Io lo ascoltavo, e lui lavorava nel mio orecchio. Pensai che era proprio bravo; era riuscito a distrarmi dal malanno e dal dolore.
Ma perché non usate altre parole, non so … ad esempio spiffero? Corrente d’aria? Vento?
Ecco, giusto - gli rispose l’infermiere - colpo di vento. Ecco cos’è il colpo d’aria …
Il finestrino dell’auto … - bisbigliai io - ecco cos’è stato, il finestrino …
E tenevi il finestrino abbassato in questa stagione? Il medico si interruppe per guardarmi. Poi chiese conferma con gli occhi a Piero, che si voltò dall’altra parte, fingendo di essere sordo, e cieco.
Finì tutto bene, con una siringata di gel anestetico e una manciata di antibiotici.
Quella notte dormii come un sasso, anche se la febbre continuò a tormentarmi.
Pensate … dormii per quasi due giorni. Fu la mia morosa a riportarmi a casa, a Trento. Fu la prima volta che guidò la Cinquecento, da sola, senza un noioso istruttore a suggerire, metro dopo metro, come impugnare il volante, cambiare marcia e, soprattutto, come fare la doppietta.
Fu bravissima, davvero!
Franco
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