Lavavetri


Non trovo più le foto che testimoniano quell’episodio. 

Me ne avevano donate un paio, ma sono riuscito a nasconderle così bene che ora, a distanza di così tanto tempo, penso siano irrecuperabili.


Ogni anno, nei primi giorni di settembre, si organizzava un corso di aggiornamento tecnico per il personale delle Amministrazioni cui erano affidati incarichi di gestione del territorio, come architetti, ingegneri, geologi, forestali. Per cinque giorni si tenevano lezioni in aula ed esercitazioni sul campo, con il contributo di noti e qualificati studiosi chiamati un po’ da tutto il mondo.

Il luogo dei corsi era San Vito di Cadore, dove l’Università possiede e gestisce ancora una bella struttura di ricerca e di didattica.


Una mattina andai all’albergo in cui ospitavamo uno di questi professori; ricordo che era americano, docente a Davis. Il tempo era buono, in quel principio di settembre, ma come sempre accadeva, la temperatura s’era molto abbassata rispetto a quella d’agosto, e spesso il parabrezza delle auto, la notte, si copriva di ghiaccio. 

L’americano, abituato al clima della California, si trovò spiazzato con l’auto, presa a nolo, bianca di brina. Nessun problema - gli dissi - accendi il motore e stai al caldo in macchina, che al resto ci penso io. Così, mentre l’ospite godeva del riscaldamento, io mi davo da fare a passare e a ripassare la paletta di gomma sul suo parabrezza. 


Quando entrammo in aula, già gremita degli studenti-professionisti, venimmo accolti da sorrisi e risatine. Mi guardai intorno, cercando il motivo di tanta allegria. Poi vidi lo schermo, su cui si alternavano due immagini. La prima era un testo, grossomodo così composto: Con quello che passa lo Stato bisogna in qualche modo arrotondare lo stipendio. La seconda era una foto: mostrava un povero professore che, con spugna e paletta, si dava da fare a pulire il parabrezza di una ricca vettura straniera.


Franco




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