Millecento


Venne subito nella mia stanza; ero seduto per terra e tenevo la testa appoggiata alla seduta della sedia. 

Ti porto all’ospedale - mi disse Piero, il capo del Movimento - qua ci vuole l’intervento di un Otorino … 

Cercai le chiavi della mia macchina, ma lui rifiutò: non guido auto di altri … c’è la mia, qua fuori. Era una vecchia Millecento, e il rombo del motore, quando si avviò, tradì subito l’età. Piero mi fece salire prima di mettersi al volante. Abbassò il finestrino dalla mia parte, dicendomi: tieni la portiera con la mano di fuori, temo che si possa spalancare all’improvviso … non sarebbe opportuno cambiare reparto, magari ortopedia, a causa di una accidentale caduta … 

Rideva, il Piero, canticchiando il motivetto di Jannacci sull’Armando; la sua battuta mi fece però dimenticare, almeno per un attimo, i miei problemi.

Al Pronto Soccorso di Otorino mi fecero subito entrare in ambulatorio, dove venne di corsa un giovane medico, capelli corvini, pelle olivastra, aria sveglia, atteggiamento tecnico ed efficiente.

Volle sapere tutto quello che mi stava succedendo. Gli raccontai dell’esame che dovevo affrontare, del raffreddore, dei consigli della mamma, comprese le supposte di XXX, e la febbre che non calava. Imputai al farmaco l’epistassi: avevo letto le sue controindicazioni sul bugiardino.

Il medico rise. Si, può essere … ma nel tuo caso - mi squadrò - direi un metro e novanta, per una supposta la strada è lunga dal sedere fino al naso!

Gli avrei tirato un cazzotto, ma non mi parve il caso, visto che mi stava strappando, con le pinzette e tanta pazienza, una montagna di cotone emostatico cui si erano incollati pezzetti di mucosa.

Il guaio peggiore lo hai combinato tu, con questa porcheria - mi sgridò il medico - il principio attivo è molto aggressivo, se non agisce nel giro di qualche minuto si deve sospendere. Guarda che macello … da fotografare … da far vedere a lezione …

Mi cauterizzò. L’odore di pollo spennato invase il pronto soccorso. Venne anche un infermiere a controllare che non ci fossero problemi. 

Risero tutti e due per qualcosa detta dall’infermiere e di cui non avevo capito il senso, ma che di certo era indirizzato a me. Aveva a che fare con la mia debolezza, e con le ragazze.

Piero mi attendeva fuori dall’ambulatorio, anche lui con un sorrisetto sulle labbra. Non gli chiesi nulla. Lo ringraziai per il suo aiuto. E per la sua comodissima Millecento, con la portiera un po’ malandata.

Erano le due di notte, e faceva un freddo birbone.

 … e non era finita …


Franco




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