Indiani


La sera, qualche volta, si andava a mangiare in riva al mare. Veniva scelta una cala lontana dalla città, dove Carlo e suoi amici potevano accendere il fuoco per cuocere cibo allo spiedo, o sulla brace. 

Poi, dopo lo spuntino, col bicchiere di vino fresco in mano, cantavano e chiacchieravano. Sempre di politica.

Mi sentivo grande anch’io, in quelle serate passate in mezzo a gente preparata ed intelligente.

Dovevo solo tenere la mamma e la Gemma lontano dalle mie orecchie, perché ogni canto ed ogni discorso avrebbero avviato la serie ininterrotta di avemarie necessarie ad evitare che quei mangiapreti finissero fulminati all’istante.

Una di quelle sere era cominciata la revisione della storia americana. 

In barba ai film fino ad allora proiettati nei cinema, gli eroi erano diventati gli indiani; i cattivi, violenti e crudeli, erano le Giacche Blu. 

Viva Cavallo Pazzo! Viva Toro Seduto!

Custer se l’è meritata!


Cavallo Pazzo??? 

Cavallo Pazzo divenne il nomignolo di Alberto, il nipotino scavezzacollo con gli occhi color del cielo come quelli della nonna, cioè della mia mamma. Lo si vedeva scendere velocissimo con la bicicletta lungo la strada sterrata irta di pietre; partiva in alto, sul colmo del monte sopra casa del nonno, e si fermava solo dove riprendeva la salita. Arrivava a stento a poggiare i piedi per terra. Carlo, il suo papà, rideva di gusto, e gli appioppò quel nomignolo storico, come se il suo bambino fosse un eroe ardimentoso.

Altro che eroe! Era pazzo davvero. 

Vuoi vedere che Carlo, e i suoi amici, mi avevano raccontato un sacco di bugie … anche sugli indiani, non solo sui preti!


Franco

Tanti auguri Cavallo Pazzo


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