Lacerazione


Mi fu assegnatoLucio  come compagno di banco. 

Era alto quasi come me, ma due volte più robusto, e decisamente più forte. Era simpatico, gentile, sempre sorridente. Mi piacque, e desiderai di farmelo amico. L’occasione arrivò molto presto.

Molti miei compagni parlavano solo in dialetto. Pochi conoscevano l’italiano: capivano quello che la maestra diceva, ed imparavano in fretta, ma quando parlavano tra loro, ed anche quando rispondevano alle domande della maestra, quasi mai riuscivano ad esprimersi correttamente in italiano. 

Fu così che la maestra inventò un gioco: bisognava trovare la parola italiana corrispondente a quella che lei proponeva in veneto. 

C’era un premio per chi dava il maggior numero di risposte corrette: un paio di caramelle di zucchero per chi non sbagliava mai, una menzione d’onore per chi commetteva un solo errore, una segnalazione di merito per soli due errori.

Una nota di biasimo spettava a chi sbagliava di più. 

La maestra chiese a Lucio cosa significasse “sbrego”. 

Lacerazione” bisbigliai io, voltandomi dall’altra parte. 

Lacerazione” ripetè Lucio ad alta voce. 

La maestra restò esterrefatta: non se l’aspettava dal mio compagno di banco. 

Ma sai cosa significa? Domandò con aria inquisitrice. 

Lucio fu sveltissimo: la mia mamma fa la sarta, e ogni giorno ripara lacerazioni”. La maestra zittì, forse un po’ vergognosa, o forse dispiaciuta d’aver messo Lucio nelle condizioni di svelare il mestiere fatto dalla mamma, che alla maestra Maria doveva sembrare molto umile. 

Quel giorno Lucio ricevette tre caramelle come premio speciale. 

Così diventammo amici e cominciammo a tornare a casa insieme.  

Stavo per dire alla maestra che la mia mamma ogni giorno cuce gli “sbreghi” che faccio sulle braghe. Figurati se mi cucirebbe “lacerazioni” … si dice così?

Rideva come un matto.

E mi dava pacche sulle spalle.


Franco




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