Fantasmi


Siamo arrivati quasi a mezzanotte. I bagagli li ha disfatti lei; io ho solo sistemato qualcosa sui ripiani più alti del guardaroba. Finalmente, all’una, ci siamo buttati sul letto. Solo allora ho veduto il soffitto, fatto come quello della stanza dell’anno passato: cemento grezzo, coi segni lasciati dalle tavole di legno dell’armatura. Nella fioca luce dell’abat jour, ancora una volta mi sono lasciato trascinare nell’allucinante gioco che facevo da bambino: cercare i fantasmi  nascosti tra i segni impressi nel cemento.

Eccoli lì, a decine, sorridenti, ghignanti, terrifici. Ho spento la luce, ma per un po’ sono rimasto ad occhi sbarrati a fissare nel buio il soffitto. 

Proprio come facevo settanta anni fa. Bambino come allora.

Poi mi ha travolto la stanchezza, ed in un attimo è stata mattina.


Franco



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