Tesori
La bocca della cava era larga e irregolare. Qualche metro più in là, lungo la strada, c’era una seconda apertura che dava luce ad una grande sala laterale della caverna; da quella parte non sono però mai riuscito ad entrare.
Quando si percorreva quella strada, ci si fermava sempre davanti alla cava: di lì usciva un alito d’aria fresca che a noi bambini, sempre accaldati per le corse in mezzo ai campi o nei boschi, donava un gradevole refrigerio.
Ci sarebbe piaciuto entrare, ma dopo pochi passi ci si gelava addosso il sudore, e si rabbrividiva per il freddo.
Qualche volta si andava nella cava in esplorazione. Bisognava adattare gli occhi all’oscurità, ma bastavano pochi istanti, e poi si vedeva a sufficienza per arrivare fino in fondo alla galleria ad osservare le pareti bianche di calcare da cui sempre gocciolava acqua limpida e fresca.
Chissà quali tesori sono nascosti qua dentro, ci dicevamo guardando le spaccature nella roccia, quelle più alte, cui noi non riuscivamo ad arrivare.
Tutte le altre, quelle più in basso, erano già state coscienziosamente esplorate infilandoci le mani, fin dove ci consentivano le braccia. Si favoleggiava sulla presenza di armi e di esplosivi, abbandonati dal tempo della guerra, e poi … sacchi di monete d’oro e anche gioielli messi al sicuro da razzie e da rapine nelle fessure più nascoste.
L’unica cosa che si riusciva a portare a casa erano i vestiti bagnati e sporchi di fango; e un sacco di delusione.
Il vero tesoro conservato in quella cava, giù in fondo, nel punto più buio, era il laghetto d’acqua in cui il papà ci faceva immergere le angurie portate fin sul monte dalla città: cocomeri freschi e deliziosi, anche se sul monte non arrivava la ‘elettricità e dunque non c’era il frigorifero.
Angurie che parevano gelato, una prelibatezza nel caldo torrido di luglio e di agosto.
Franco
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