The end
Ci si saluta alle dieci e mezzo di sera, dopo cena e un paio di partite a scacchi dolorosamente perdute. Anche per questo l’umore non è dei migliori: perdere con un bambino di sette anni non è il massimo. Mi consolo: è proprio bravo, e sono orgoglioso dei suoi progressi. Sorrido al pensiero.
Sorrido anche all’idea che il ritorno all’albergo avverrà col fresco della notte.
Invece la brezza del pomeriggio s’e quietata, ed ha ceduto il posto all’afa opprimente di questi giorni di fine luglio. La vecchia Punto dell’AVIS sfodera un ottimo impianto di condizionamento, ma dopo pochi istanti siamo ancora a discutere se sia meglio il clima o il finestrino aperto … vada per il finestrino e per il caldo che abbraccia ogni cosa.
Accelero, in barba al rosario di cartelli, uno ogni cento metri, che segnalano limiti di quaranta, oppure cinquanta, raramente di un benevolo settanta chilometri all’ora. Ho fretta di cacciarmi sotto la doccia … raggiungo i novanta … la statistica è con me … mai vista la polizia.
Sul cruscotto però s’accende una spia, luce giallo intenso: controlla gli pneumatici, suggerisce il segnale. Compare una sequenza di scritte in tedesco, di cui poco capiamo. Però la macchina è stabile, le gomme sembrano a posto. Non c’è spazio per accostare e guardare con attenzione. Quindici chilometri a passo d’uomo … col finestrino aperto e il senso opprimente d’essere perseguitato dalla sfiga.
Mi fulmina un altro pensiero: tedesco? Siamo in Grecia! L’auto è italiana … perché non in italiano, o in inglese?
Finisce proprio male la giornata, tra gli scacchi, il caldo, le discussioni sul clima ed ora una spia tedesca che ci accompagna a passo lento fino all’albergo!
Dai, domani è un altro giorno … mi torna in mente Rossella O’ Hara. Bella, carica di orgoglio, e di coraggio.
Non ricordo però … è finita male, quella volta, vero?
Franco
Via col vento
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