Bombe


I ricordi sono come le ciliegie. Uno tira l’altro, e non si finisce mai di stupirsi di fronte al mare della memoria che pareva perduta. 

Ecco la mamma, in cucina, che brontola ai figli e al marito affacciati alle finestre … Altro che camicie di seta! Pensate ai bombardamenti - sbotta infastidita dalle battute sul periodo di guerra. Guarda fisso il papà e Pierlorenzo: pensate alla scheggia di bomba che conserviamo nel cassetto del tavolo, in tinello! 


Si riferiva ad un pezzo di ferro contorto, scuro come fosse stato appena tolto dal fuoco. La mamma mi aveva raccontato che quel frammento di ferro era piombato in casa trapassando l’imposta della camera in cui dormiva nonna Adele, la mamma del mio papà, e si era conficcato nella testiera del suo letto, giusto due spanne sopra il cuscino.

Quella scheggia, in famiglia, era venerata come una reliquia. 

Per il papà era il segno della fortuna; per le donne di casa era invece memoria di una grazia ricevuta per intercessione dalla Madonna. 


Io non avevo idea di cosa fosse stata la guerra. A parlarmi di quegli anni terribili c’erano quella scheggia, che a me diceva proprio poco, e il torrione, la torre del palazzo del teatro Olimpico che, guardando dal poggiolo dello studio del papà, vedevo tagliato a metà da una bomba. 

Assieme a molti altri cumuli di macerie sparsi per la città, il torrione ricordava ai vicentini cosa erano stati i bombardamenti.

La torre era stata poi ricostruita in poco tempo: si vedeva bene la cicatrice, cioè il cambio di colore tra i mattoni vecchi e quelli nuovi, ma per noi bambini, nati subito dopo il tempo delle bombe, anche quel segno della guerra da poco terminata era un invito a dimenticare quel passato brutto e doloroso per tutti.


Franco

La torre dell’osservatorio subito dopo la guerra




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