Alfetta


Quell’anno, il 1950, l’Alfa Romeo vinse il campionato del mondo di Formula 1 col modello 158, la prima Alfetta, pilotata da Manuel Fangio,. 

L’Italia esplose di gioia: l’Alfa aveva riscattato la dolorosa sconfitta di guerra. Per esaltare degnamente l’impresa, l’Alfa Romeo fece fondere in ghisa cinquecento grandi modelli della sua  Alfetta 158. 

Era lunga quarantacinque centimetri e pesava circa tre chili.


A Natale si fece gran festa anche a casa nostra. Allora avevo quattro anni appena compiuti, e posso ricordare ben poco di quei giorni di festa. Eppure ricordo che la mamma aveva cominciato a preparare il pranzo di Natale qualche giorno prima. Ad esempio, aveva riempito di macedonia un grande bacile di ceramica, quello che in veneto viene detto piadena. La vedo ancora mentre faceva cadere gocce di essenza di mandorla amara sulla frutta tagliata a pezzetti: era la sfumatura d’aroma che lei adorava. Adorava anche le arachidi. Per evitare che i figli sgranocchiassero le noccioline prima del tempo, la mamma nascose quel suo tesoro sopra l’armadio, in camera da letto. 

Ricordo che la vigilia si faceva astinenza dalle carni; lei portò così in tavola, per cena, una piadena di pasta al saor, cioè condita con le sardelle marinate nelle cipolle e l’aceto. 

L’odore mi fece star male, e così per me il digiuno durò fino a Natale. 


Che c’entra l’Alfa 158 che vinse il mondiale con Fangio? 

Non so come il papà fosse riuscito a procurarsi il modellino di ghisa, ma, dopo il brindisi di Natale, il papà mise nel centro della tavola quel gioiello, offrendomelo in dono tra gli applausi invidiosi dei miei fratelli. 

Mi ricordo che il cuore mi si mise a battere all’impazzata, indeciso tra emozione, gioia e incredulità.

Ho conservato con ogni cura quel modellino rosso scarlatto dell’Alfetta, e a guardarlo ancora oggi il cuore si mette a battere forte, come in quel giorno di Natale del 1950.


Franco




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