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Visualizzazione dei post da febbraio, 2024
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  Innominato Per tutti divenne l’ Innominato .   Già solo pronunciarne il nome portava sfiga . Si capì che era il perfetto menagramo a seguito di un concorso, cui teneva moltissimo. Non rientrò tra i vincitori: era il terzo degli esclusi. Stava per rassegnarsi: difficilissimo un recupero di tre posizioni, quasi impossibile.   Però … Il primo della lista, cioè il migliore del concorso, ebbe un gravissimo incidente d’auto il giorno in cui venne convocato al Ministero per firmare l’atto di nomina. Mesi d’ospedale e una invalidità permanente: inabile per quel servizio tanto ambito! Un altro concorrente, tra quelli abilitati a ricoprire il posto, era appassionato di montagna, ed amava arrampicare. Il fato volle che perse un appiglio, e anche per lui non ci fu più nulla da fare. Nella nuova lista degli ammessi, l’ultimo, felice d’aver recuperato due posizioni e d’essere così rientrato nel novero dei vincitori, brindò in famiglia per l’avvio d’una carriera che sperava fortunata e brillante. S
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  Gendarmi Tornavamo da scuola a due a due, chiacchierando. In coppia come i Poliziotti che a volte giravano per la città con la divisa di gala, le braghe azzurre da cavallerizzo e gli stivali con gli speroni. Al fianco, sotto la mantella, tenevano la spada. Ogni tanto incontravamo anche i Carabinieri, con la giacca lunga, a coda, nera e bordata di rosso. In testa, di traverso, portavano la feluca col pennacchio rosso e blu. Camminavano con ritmo perfetto, quasi ondeggiando in un passo di danza. Al fianco i Carabinieri portavano una sciabola arcuata, forse poco elegante, ma certamente minacciosa.   La gente si faceva da parte quando passavano questi rappresentanti dell’ordine. Infondevano il senso della legge e della sicurezza. A scuola cominciò a girare una strana diceria. Incontrare i Poliziotti o i Carabinieri in alta uniforme era come trovare un quadrifoglio, o un ferro di cavallo, una zampa di lepre. Chi fosse riuscito a passare di corsa tra due Carabinieri, o Poliziotti, avrebbe
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  Marcia La palestra si trovava nel seminterrato della scuola. Ci arrivava poca luce, e per questo il maestro ci portava a far ginnastica solo in tarda mattinata; col sole alto ci si vedeva bene anche lì, senza dover accendere le lampade, neanche d’inverno.   La palestra era una stanza molto grande, forse come quattro aule affiancate; la lunghezza bastava per farci fare gare di corsa … venti metri diceva il maestro. Era anche molto alta. Ad un passo dalla parete di fondo si alzavano verso il soffitto tre pertiche, mentre dal soffitto pendevano tre grosse corde . Le une e le altre erano la mia dannazione … proprio non riuscivo a salire, quasi neanche a staccarmi da terra; non avevo la forza per tirarmi su con le braccia o per stringere le ginocchia tanto da non scivolare e poi per spingermi in alto con le gambe. Insomma, restavo lì, penzoloni, come un salame, mentre i miei compagni di gara sembravano gatti, agili e veloci. Tra tutti, il mio compagno di banco era il gatto più svelto, qu
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Neve e fuoco Quella sera faceva proprio freddo. Anche in Sardegna arrivava il gelo. E poi … la caserma che i Forestali condividevano coi Carabinieri, su al Supramonte di Orgosolo, si trova quasi a mille metri di quota. Lassù, quell’anno, il sei di febbraio, prese a soffiare la tramontana e verso sera si mise a nevicare. Raccolti a fatica gli strumenti, riuscii a guidare per i sei o sette chilometri della pista che separavano l’area di ricerca, nel mezzo della foresta, dal primo caposaldo di civiltà, cioè la caserma.   Corra dentro, professore - mi gridarono i Forestali vedendomi scendere dal furgone intirizzito, rigido come un baccalà. Nel camino della loro cucina bruciavano lentamente alcuni grossi ciocchi di leccio; il riverbero della fiamma e delle braci mi entrò lentamente fin dentro le ossa. Poi bastarono due bicchieri di vino per convincermi che ero arrivato in paradiso.   I Forestali discussero un po’, ma poi mi prepararono una branda nella stanza-archivio della Stazione. Spinsi