Neve e fuoco


Quella sera faceva proprio freddo. Anche in Sardegna arrivava il gelo. E poi … la caserma che i Forestali condividevano coi Carabinieri, su al Supramonte di Orgosolo, si trova quasi a mille metri di quota. Lassù, quell’anno, il sei di febbraio, prese a soffiare la tramontana e verso sera si mise a nevicare. Raccolti a fatica gli strumenti, riuscii a guidare per i sei o sette chilometri della pista che separavano l’area di ricerca, nel mezzo della foresta, dal primo caposaldo di civiltà, cioè la caserma. 

Corra dentro, professore - mi gridarono i Forestali vedendomi scendere dal furgone intirizzito, rigido come un baccalà. Nel camino della loro cucina bruciavano lentamente alcuni grossi ciocchi di leccio; il riverbero della fiamma e delle braci mi entrò lentamente fin dentro le ossa. Poi bastarono due bicchieri di vino per convincermi che ero arrivato in paradiso. 

I Forestali discussero un po’, ma poi mi prepararono una branda nella stanza-archivio della Stazione. Spinsi il mio letto di fortuna contro la parete, che era calda per il fuoco che, ad una spanna da me, lambiva il muro che mi separava dal camino. 

Mi addormentai di botto. A me sembrò che fosse passato solo un minuto, ma mi svegliai per un colpo secco e forte, che nel sonno mi sembrò quello di una mina, o di una bomba esplosa ad un passo da me, contro il muro della stanza in cui dormivo. 

Sentii gridare. Da sopra la mia testa, da una delle camerate dove riposavano i Forestali, furono sparati colpi di fucile. Sentii gridare anche il maresciallo dei Carabinieri che, dall’altra parte del cortile, ordinava di puntare le fotocellule e le armi verso la strada. 

Stia chiuso lì dentro, mi ordinarono. Di sicuro non avrei fatto altro, sentendo il vento gelido che faceva vibrare le imposte.

L’indomani seppi che qualcuno aveva sparato col fucile contro i battenti d’una finestra della caserma e lanciato una molotov contro una catasta di legna addossata al muro, vicino al portone d’ingresso. Nessun vero problema, a parte i cocci di vetro che dovettero essere raccolti dalla neve per scongiurare danni agli pneumatici delle Campagnole e del furgone dell’Università. 

Tanta neve, e tanta paura quella notte.

Non seppi più nulla di quell’attentato. 

Non venne registrato e fu subito dimenticato, come la mia irregolare presenza in caserma, quella notte del sei febbraio di tanti, proprio tanti anni fa.


Franco




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