Gendarmi
Tornavamo da scuola a due a due, chiacchierando. In coppia come i Poliziotti che a volte giravano per la città con la divisa di gala, le braghe azzurre da cavallerizzo e gli stivali con gli speroni. Al fianco, sotto la mantella, tenevano la spada.
Ogni tanto incontravamo anche i Carabinieri, con la giacca lunga, a coda, nera e bordata di rosso. In testa, di traverso, portavano la feluca col pennacchio rosso e blu. Camminavano con ritmo perfetto, quasi ondeggiando in un passo di danza. Al fianco i Carabinieri portavano una sciabola arcuata, forse poco elegante, ma certamente minacciosa.
La gente si faceva da parte quando passavano questi rappresentanti dell’ordine. Infondevano il senso della legge e della sicurezza.
A scuola cominciò a girare una strana diceria. Incontrare i Poliziotti o i Carabinieri in alta uniforme era come trovare un quadrifoglio, o un ferro di cavallo, una zampa di lepre. Chi fosse riuscito a passare di corsa tra due Carabinieri, o Poliziotti, avrebbe avuto vita lunga e fortunata.
Due o tre dei miei compagni ci provarono. Si misero a seguire le coppie dei tutori dell’ordine in alta uniforme, adeguando il passo alla loro cadenza. Al momento giusto, cioè quando la distanza tra i due cresceva di una spanna, con un balzo rapidissimo s’infilavano in mezzo, e poi via di corsa ridendo per la felicità.
A me mancò sempre il coraggio di provare. Sarei morto giovane e sfigato!
Guglielmo, il mio vicino di banco, ebbe sorte peggiore. Dopo lunghi preparativi per aggiustare il passo alle spalle dei poliziotti, fece un balzo tra le mantelle ondeggianti, inciampò sulla spada d’uno dei due e ruzzolò a terra con un urlo di paura.
Con grande umanità i due raccolsero Guglielmo da terra e lo accompagnarono a casa; sembrava Pinocchio tra i Gendarmi. Fu però un gesto molto apprezzato da tutti noi, rimasti indietro ad osservare l’impresa.
Il giorno dopo, a scuola, Guglielmo se ne restò silenzioso, in disparte. Non rispose ai nostri tentativi di conoscere cosa poi fosse accaduto a casa. Solo molti giorni più tardi sapemmo che il nostro compagno aveva dovuto ricopiare cento volte la frase: Avrò sempre rispetto per i tutori dell’ordine.
La punizione servì a tutta la classe, come fossimo i moschettieri di D’Artagnan: tutti per uno, uno per tutti!
Franco
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