Semina


Al giogo c’erano le due piccole vacche di casa, magre, lente.

Marcello le guidava a voce, tenendo con forza le stegole del timone dell’aratro. Il coltro entrava ben poco nella terra rossa e sassosa di Villabalzana e il versoio ribaltava piccole zolle argillose, lucide e compatte.

La scena, veduta più volte da bambino, m’ha lasciato un ricordo di fatica, ed anche di amarezza per un lavoro spesso ingrato.

Ricordo anche Angelo in equilibrio precario sull’erpice tirato dalle sue due vacche. Le zolle si frantumavano, e nell’aria si spandeva il profumo della terra lavorata, che poi era ancora l’odore della fatica.

Ricordo poco o nulla della semina, se non l’andare avanti e indietro sul campo, a passi lenti e regolari, il gesto forte e preciso della mano e del braccio che buttavano lontano le sementi.


L’immagine del seminatore provenzale me l’ha spedita Michele. Lo schizzo a colori forti e vivi, come Van Gogh ha definito la sua opera, racconta dei giorni consumati sui campi, con lavori che anch’egli aveva praticato e che dunque ben conosceva. 

Mi colpisce la precisione con cui l’artista ha fissato la sicurezza del passo del seminatore, e la forza del braccio e della mano. Mi torna in mente Marcello, e il suo camminare dritto e sicuro sulle piccole zolle del campo. Nell'immagine trovo anche il senso del lavoro faticoso che avevo osservato, bambino, a Villabalzana. 

Forse Van Gogh vuol mandare anche un altro messaggio, che è di speranza per giorni migliori; lo fa capire tingendo d’oro il cielo al tramonto, che è il colore delle messi mature, come quelle dietro cui si corica il sole, ma anche quello delle spighe che verranno. Le zolle mandano lampi blu e violetti, la tinta delle sere d’estate quando, al tramonto, il contadino prega che i giorni a venire gli portino buoni frutti, e serenità.


Franco

 


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