Sete


Poca acqua quest’anno! 

Mi voltai di scatto, perdendo quasi il difficile equilibrio sulla tavola sul castello di tubi alzato intorno al grande leccio, a Sos D’Orani, dove si faceva ricerca al Supramonte d’Orgosolo.

Come sempre Ziu Arca era arrivato silenzioso. Un fantasma nella foresta. Si era seduto sul pianale del furgone, e mi guardava maneggiare gli strumenti sistemati intorno al leccio. 

Doveva aver letto i miei pensieri, perché stavo ragionando sulla siccità di quei mesi, di cui, secondo le misure strumentali, stava patendo anche la grande quercia.

Salutai il pastore con la mano, facendogli segno di aspettare un minuto. 

Lo raggiunsi, recuperai la bottiglia che avevo portato dal Continente, e restammo lì, in silenzio, a sorseggiare un bicchiere di Cabernet.


Lo stesso viso corrucciato di Ziu Arca l’avevano anche Angelo e Marcello l’anno in cui il rubinetto della fontana aveva cominciato a dare solo un misero filo d’acqua, quasi tiepida nella calura di quell’estate. 

La busa delle vacche a casa di Danilo si era seccata, e lui doveva portare le bestie a dissetarsi fino a casa nostra, dove la vasca in cemento restava ancora quasi piena, alimentata da un continuo stillicidio donato dal monte.

Mancherà l’acqua - dicevano tutti - bisogna fare qualcosa.

Si fece dire una messa speciale. Si piantarono croci nella terra spaccata dei campi. Si finì quasi per litigare mentre si riempiva qualche damigiana di scorta attingendo l’acqua dalle poche fontane che ancora gocciolavano qualche stilla preziosa. 

Finalmente piovve, e tutti subito dimenticarono l’ansia e la sofferenza. 

Più nessuno pensò che l’abbondanza sarebbe, prima o poi, terminata.


Franco

Foto di Loredana da Porto, 1870 circa








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