Biscotto
A Villabalzana il papà sempre terminava il pranzo e la cena con il dolce. Cioè con mezzo bicchiere di vino, nel quale intingeva, spaccato in pezzetti, il pane speciale, pan biscotto, che la mamma ordinava quotidianamente al Doro, il ragazzo del fornaio del paese.
Il Doro veniva a portare il pane spingendo sui pedali di una vecchia e pesantissima bici da donna, armata di due ceste di vimini, piene di pane, legate col fil di ferro al montante del manubrio e alla canna del sellino. Il ragazzo consegnava il pane fresco a tutte le famiglie del monte: una mattinata da ciclista, lungo le strade eroiche di allora, sassi, ghiaia, polvere e … ferro, cioè il rischio di forare le gomme con le broche perse dalle sgalmare dei contadini.
Quando il Doro era in vista della corte dei nonni, soffiava in una cornetta d’ottone per avvisare le donne del suo arrivo. Si poteva regolare l’orologio con la cornetta del Doro, un po’ come si faceva con la campana della parrocchiale quando il sagrestano batteva il tocco a mezzogiorno o i tre tocchi del vespro, alle sei della sera.
La mamma ordinava al Doro anche il pan biscotto per il giorno successivo. Alla consegna, subito io ne rosicchiavo un pezzo: era squisito, come una fetta di torta! Al mattino officiavo poi un rito tutto mio: avvolgevo un pezzo di pane in un canovaccio e lo battevo col martello di legno. Poi passavo e ripassavo sul canovaccio con una bottiglia, come fosse un matterello. Il pane diventava una polvere fine e profumata, una delizia da mangiare imbevuta del latte fresco della Stella, la vacchetta di Danilo, il mio compagno di giochi di Villabalzana.
Franco
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