Il Corriere


Era il dodici luglio, e faceva molto caldo, quell’anno.

A Padova era arrivata tutta la famiglia. Una laurea valeva ancora qualcosa, a quei tempi. 

Anzi, quel giorno, di lauree se ne sarebbero festeggiate due: la mia e quella della mia morosa. Io di mattina, lei nel primo pomeriggio.

Il mio relatore era partito per Mogadiscio una settimana prima: a presentarmi alla Commissione sarebbe stato il direttore dell’Istituto di Chimica, che non nascondeva la sua antipatia verso i docenti del mio corso di laurea e, soprattutto, verso i loro studenti. Un paio di giorni prima mi aveva mitragliato con battute davvero acide mentre gli esponevo la tesi, ed ero preoccupato per quello che avrebbe potuto combinare davanti alla Commissione di Laurea.

Quella mattina io e la mia famiglia eravamo arrivati per tempo al Bo’; dovemmo dunque attendere a lungo, al caldo, sul loggiato del Cortile Antico. 

Il tempo sembrava non passare mai mentre si attendeva che la Commissione concordasse la procedura per l’esame di laurea. 

Il papà s’era fatto insofferente, e molto nervoso. 

Vado a comperare il giornale e a bere un caffè - disse ai suoi ragazzi - tanto qua non succede niente.

Quando tornò, meno di dieci minuti più tardi, ero già stato proclamato dottore, e i miei fratelli stavano sistemandomi la corona d’alloro intorno al collo.

Il papà ci stette malissimo: se n’era andato proprio sul più bello!

Poi sghignazzò: avrei voluto vedere … insomma, essere proprio sicuro che anche questo scapestrato de toso fosse arrivato alla laurea! 

Sorrideva, soddisfatto e felice. 

Così l’ha immortalato il fotografo in quella calda mattina d’estate di tanti anni fa. 

Sempre elegante, il mio papà, e sempre col suo Corriere ben stretto nella mano.


Franco





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