Chimica


Chissà per quale motivo mi venne in mente di chiedere l’internato di laurea presso l’Istituto di Chimica collegato alla mia Facoltà. 

Venni accettato, anche se ero iscritto a quel nuovo corso di studi che proprio non era amato dai docenti di quell’Istituto.

Ricordo quei lunghi mesi di lavoro come se fossero stati d’espiazione di un peccato commesso chissà come, chissà quando. Ad esempio, gli orari degli esperimenti venivano fissati all’inizio della settimana; spesso toccava a me avviare le prove al mattino, molto presto, ben prima dell’alba; altrettanto spesso esse terminavano a notte fonda, quando tutti i miei compagni, finito di studiare, già erano immersi nel sonno più profondo. Perché capitava propio a me? I protocolli vanno rispettati con assoluta precisione, al decimillesimo di grammo, al centesimo di millilitro, al millesimo di secondo! - tuonava il responsabile del laboratorio, e io coglievo nel viso del professore un segno beffardo … sta il fatto che le ore antelucane come quelle altrettanto piccole della notte erano prevalentemente destinate a me, il primo studente “biologico” ad entrare in quei laboratori delle scienze esatte, in cui sempre si esaltava la precisione assoluta delle misurazioni.

Eppure, anche lì, in quel mondo di studiosi dediti alle determinazioni più fini e meticolose, s’era fatta stranamente strada una ricerca un po’ particolare, attenta cioè ai processi biologici e alla loro grossolana qualificazione. Per l’appunto, anche in quell’Istituto s’era accettato di procedere alla certificazione chimica dei prodotti del cosiddetto “Paniere Veneto”, stabilendo in qualche modo che si poteva misurare il gusto di quanto veniva servito in tavola, da bere e da mangiare. In uno sgabuzzino, al piano interrato dell’Istituto, dove l’ambiente era parso simile a quello di una cantina, erano state accumulate le sostanze destinate al nuovo tipo di analisi chimiche: bottiglie di vino di gran caratura, golosi salumi il cui sapore era rinomato in tutto il mondo, formaggi profumatissimi provenienti da ogni cantone del Veneto.

Mica vorrai buttare sto bendidio! - pianse un giorno un laureando - … tolto quel che serve come  campione d’analisi, il resto … beh, perché non farci merenda, o consumarlo stasera  per cena?

Tutti i laureandi dell’Istituto furono d’accordo. Tra bottiglie quasi piene di Valpolicella, Amarone e Raboso del Piave, tra grossi tocchi di Grana, di Asiago e di Stravecchio e chili di sopressa e di salame, quella notte passò in allegria. Fu interrotta solo da vacillanti analisi, forse non proprio eseguite con la micrometrica precisione stabilita dai Protocolli di laboratorio, in barba al dettato dei grandi chimici di fama mondiale, come Giulio Natta, professore alla Sapienza, che pochi mesi prima era stato insignito del Premio Nobel per la Chimica.


Franco



Commenti

Post popolari in questo blog