Femminelle


A Napoli, detta al maschile, la parola significa tutta un’altra cosa.

A Villabalzana, come ricordava Fernando, con quel nome si indicavano i getti da eliminare nelle piante di pomodoro. 

A lasciarli, il fusto finisce col sostenere a fatica un groviglio di rami; qualcuno dà fiori, e poi a volte dona qualche pomodoro. Ma i rami sono troppi, e si fanno competizione, si danno ombra l’uno con l’altro, si rubano lo spazio disponibile e, soprattutto, si devono dividere l’acqua e i nutrimenti che le radici riescono a recuperare da terra. 

Insomma, l’orto diventa un bosco improduttivo di piante verdi di pomodoro.

Mio fratello scuoteva la testa guardando il nostro orto, quel misero pezzetto di terra che ci ostinavamo a coltivare davanti a casa. 

Incapaci, siete incapaci, sembrava volesse dirci. 

Poi, brontolando, passava tra le file di piantine e con le unghie recideva le femminelle. Lasciatele per terra, restituiranno in fretta quello che hanno mangiato. È buon concime!

Ha poi guardato anche le viti, le visèle, e con le forbici da brusca si è messo a potarne qualche tralcio, qua e là. Ma cosa ti hanno insegnato a Villabalzana? Ho pensato a Marcello, ad Angelo della Tilde, e soprattutto a nonno Sandro. Ma Fernando, lassù sul monte, aveva moltissimi amici di cui non ricordavo nemmeno il nome. Fernando invece li citava tutti; era uno del posto e tutti gli avevano insegnato, con parole e con gesti sapienti, quel che bisognava fare per ottenere buoni ed abbondanti frutti dall’orto e dai campi. 

Anche sfemminellare, o scacchiare, come diceva lui sorridendo.


Franco



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