Costumi


Una signora, a pochi passi da me, sta abbrustolendosi al sole, la sdraio incastrata tra i candidi scogli di calcare.

Io ho invece sistemato la mia sdraio per avere la piena protezione dell’ombrellone, anche se la mia pelle è ormai abbronzata dal sole cocente della Grecia. 

Attraverso le palpebre socchiuse vedo che la signora ha la pelle chiarissima, e nessun timore di scottarsi. Anzi, s’è tolta di dosso anche quel poco che le copriva il seno.

Sorrido al ricordo delle mie sorelle, al Lido di Venezia, dove una vita fa si andava in vacanza, ospiti dei nostri cugini. 

Le ragazze indossavano costumi interi, ed avevano il terrore di bruciarsi la pelle delle gambe e delle spalle. Ogni tanto la mamma e la zia le richiamavano sotto il telo che dava ombra ai lettini, oppure le facevano sedere sulle sdraio sistemate nel pathio del capanno. Allora non c’era altra protezione, se non i tendalini o gli ombrelloni aperti sulla sabbia davanti ai capanni. Poi, la sera, c’era il borotalco al mentolo che anche col profumo donava una sensazione di sollievo al bruciore della pelle diventata color aragosta. 

Anche la mamma e la zia indossavano costumi interi; anzi, i loro erano ornati da vistosi volant per mascherare le forme del corpo. 

Sorrido al ricordo di tanto pudore. 

Cinquant’anni prima, al principio del secolo, i costumi quasi non si conoscevano. La spiaggia era frequentata da signore vestite di tutto punto; a difesa dal caldo e dal sole usavano chiari abiti vaporosi, ampi cappelli ed ombrellini. Anche i bambini giocavano con la sabbia tenendo addosso i loro vestiti, mentre le mamme accanto a loro sfogliavano riviste, o conversavano, senza mostrare desiderio alcuno di esporsi al sole o di rinfrescarsi nel mare.


Franco

Philipp Klein, Sulla spiaggia di Viareggio,1906



 









 


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