San Lorenzo


C’era una panchina a lato della strada che porta al bosco, a Ronzone.

Allora, forse 40 o 50 anni fa, le strade erano ancora quasi tutte bianche e non c’erano lampioni per rendere sicuri i passi di chi osava muoversi di notte. La sera del dieci agosto di quell’anno le nostre due famiglie, i Viola di sopra e quelli di sotto, come allora si diceva, avevano deciso di salire fino a quella panchina. Avevamo portato un plaid, per scaldarci le ginocchia, e c’eravamo seduti a guardare il cielo per contare le stelle cadenti. Era buio, davvero; nemmeno il paese, sotto di noi, riusciva a schiarire la notte coi suoi pochi lampioni e con le finestre delle case illuminate. 

San Lorenzo. Allora la sera si consumava così, a raccontarci le solite faccende di casa, e a contare le stelle. Le stelle cadenti. Ogni tanto una scia luminosa, e il grido “eccola”. Il fortunato che aveva veduto quel lampo di luce accresceva la lista dei suoi desideri. Gli altri moltiplicavano l’attenzione e guardavano verso l’Orsa maggiore, o verso Orione o chissà quale altra costellazione dove s’era letto sul giornale che maggiore sarebbe stata la probabilità di scorgere le Perseidi, i frammenti vaganti di roccia che s’accendevano sopra di noi.

Poi si tornava a casa, i passi insicuri per il buio e per le pietre che spuntavano dalla strada, ma con il cuore pieno di speranza che qualche sogno si sarebbe finalmente realizzato. 

San Lorenzo ci avrebbe messo una buona parola!

Per me erano almeno venti gli anni di speranze deluse, visto che la ricerca delle stelle cadenti ha sempre animato le mie notti agostane, a Villabalzana. Coi miei cugini mi sedevo sul muricciolo della loro terrazza, e insieme, a naso in su, guardavamo il cielo, là dove era più scuro. Eccolaeccola … si gridava, e qualche volta dubitavo che Dario, o Giovanna, dicessero il vero.

Andando in letto avrei voluto parlare col mio papà, che di stelle se ne intendeva, 

Una domanda mi turbava. Mi piaceva il cielo di Villabalzana, con tutte quelle stelle luminosissime, e con la Via Lattea che pareva una pennellata di luce data malamente sullo sfondo nero, di cartone bucherellato, del cielo. Una in meno … mi veniva da dire quando scorgevo la scia di una stella cadente. Non riuscivo mai a capire da dove si fosse staccata, e volevo sapere dal mio papà quante stelle c’erano in cielo, e quando, a forza di cadere, non ce ne sarebbero più state per le nostre notti di San Lorenzo.


Franco


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