Alpacca


Era una specie di canovaccio di garza, sottile, ma a trama molto fitta e dunque robusto.

Serviva a cuocere il piatto che, da bambino, adoravo più d’ogni altro: il polpettone!

Già a guardare la mamma e la Gemma che, a turno, amalgamavano gli ingredienti dentro la grande terrina bianca adibita solo a quella funzione, a me veniva l’acquolina in bocca. Impastavano a lungo, usando solo le mani, e per tutta la casa si spandeva il profumo della carne macinata, del grana, delle uova e della cipolla, col velo di noce moscata che la mamma faceva piovere sull’impasto usando una minuscola grattugia. 

L’impasto deve stare insieme - sussurrava la mamma, provando col dito la coerenza di quel bendidio aggiungendo, all’occorrenza, anche pan grattato. 

Si avvicinava il momento del rito del canovaccio di garza.

Il contenuto della terrina veniva rovesciato sulla tavola di marmo per esservi modellato rotolandolo delicatamente con le mani fino a dargli la forma di una grossa sopressa. 

Veniva quindi vestito col canovaccio di garza; mentre la mamma teneva in mano il polpettone fasciato con la stessa delicatezza che aveva riservata ai suoi poppanti, la Gemma passava intorno al polpettone filo bianco da cucito in modo che la garza non si staccasse da quel tesoro. 

Ecco, infine, la pentola: una pesciera, nel caso si fosse in dieci intorno alla tavola, oppure una grande casseruola d’alluminio che la mamma conservava quasi solo per quella funzione.

Il profumo del polpettone che sobbolliva sul fornello di casa si diffondeva per tutta la corte, a Vicenza, coprendo anche quello del negozio di saponi sotto casa e quello, a volte ben più penetrante, che usciva dal portone del laboratorio di vulcanizzazione gomme.

È pronto! gridava la Gemma per richiamare i ragazzi a tavola. Lei aveva appena terminato di montare la maionese, sbattendola, come allora si faceva, con la forchetta dentro un piatto fondo.

La mamma aveva già recuperato dalla casseruola, con mille attenzioni, la sua creatura e l’aveva posata sul tagliere. Per recidere il filo aveva usato minuscole forbicine da ricamo così da poter liberare il polpettone dalla sua camicia di garza. 

Ricordo la mamma mentre stringeva in mano coltello e forchettone. Lo tengo solo per questo - continuava a ripetere ammirando la lama affilatissima di quell’arma - me lo hanno regalato per il matrimonio … il manico non è argento … è alpacca … ma un rasoio così non lo ho mai veduto!

Eccolo qua, ce l’ho io … ha quasi cento anni; quel rasoio mi torna spesso in mano, e mi fa sognare il profumo del polpettone, e gli urli della mamma mentre scaccia i suoi figlioli che, passando per la cucina, pretendevano un assaggio di quella delizia.


Franco


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