Spreco


Ah … una volta …!

Era sempre così; qualcuno scuoteva la testa e rimproverava qualcun altro per un comportamento che gli sembrava inconcepibile.

I tempi cambiano - sarebbe stata la risposta da dare - ora c’è l’elettricità, abbiamo l’acqua corrente, troviamo medicine per ogni emergenza.

Ed invece i vecchi continuavano con la solita solfa, ad esempio: ai miei tempi dovevo rompere il ghiaccio col martello per lavarmi, tu, che hai il rubinetto con acqua calda e fredda, vai in giro col collo nero e puzzi di sudore! Il papà aveva ragione sia per il colore del collo, sia per la puzza, specie a Villabalzana, ma l’idea del ghiaccio nel lavandino mi faceva un po’ ridere, non potevo crederci.

La Gemma aveva invece un atteggiamento diverso: lei non capiva il cosiddetto progresso, ma spesso ne apprezzava i vantaggi. Evviva la lavatrice! - sosteneva una volta superata la paura della macchina che sibilava in centrifuga e si muoveva autonomamente per la stanza. Oppure diceva, quasi in preghiera: come aiutano questi detersivi … ai miei tempi bisognava insaponare tutto a mano, sull’asse di legno, oppure si doveva fare la lisciva con la cenere e l’acqua bollente … Le era comunque rimasto addosso il senso della parsimonia e così misurava con attenzione la quantità di polvere da mettere nella lavatrice, o il tempo del lavaggio, che allora non era automatizzato.

C’era anche chi non diceva nulla, ma lasciava intendere coi fatti che una volta …

Non c’era di sicuro l’abbondanza di oggi! Vedevo il papà che si faceva la barba preparandosi la schiuma con un pezzetto di sapone sistemato in una specie di bicchiere di ceramica in cui immergeva e rigirava a lungo il pennello da barba. I miei fratelli avevano già cominciato ad usare il sapone da barba in tubetto, e poi la schiuma in bomboletta, ma il papà seguitava col suo metodo antico: bicchiere e pennello. Riaffilava anche la lametta, ringiovanendone la lama, passandola con cura, più volte, sulla coramella, una striscia di cuoio fatta apposta per affilare i rasoi napoletani, quelli a lama lunga che si chiudeva a “serramanico”. Roba da barbieri, pensavo, il mio papà è proprio bravo.

Giulio, che aveva fatto la guerra in Africa ed era stato, per lunghi anni, prigioniero degli Inglesi, era invece solito non sprecare il sapone, che al campo di prigionia doveva essere merce assai rara, anche per i medici chirurghi che le mani avrebbero dovuto averle sempre ben pulite.

Così, quando della vecchia saponetta restava solo una scaglia, con cura la aggiungeva a quella nuova, premendole tra le dita, come in un massaggio, in modo da recuperarla tutta fino all’ultimo grammo. 

Un atteggiamento rimasto impresso nell’anima: nulla va sprecato! 

Al termine della prigionia, dall’Africa ha portato a casa il ricordo di tante privazioni e l’abitudine di consumare il sapone fino alla fine. 

Così, da allora, a casa sua hanno fatto tutti, fin da bambini.


Franco


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