La via del Supramonte


Mi succede spesso di cercare un volume in mezzo ai tanti sistemati nelle mie librerie. Quasi mai riesco a trovarlo da solo. Il disordine è per me malattia congenita! Lei, invece, ha memoria fotografica anche per le mie cose … e i miei libri li trova in un attimo!

Cercando, però, m’è capitato tra le mani un volumetto di … cinquanta anni fa, dal titolo: Ecologia della Lecceta del Supramonte di Orgosolo. 

Ho provato un tuffo al cuore: così ho sospeso la ricerca … anzi, ne ho scordato il motivo.

Quasi accarezzo quel libro inaspettato; in copertina c’è il mio nome, assieme a quello di Susmel, il mio Maestro, e a quello di un mio collega ed amico, Beppe, con cui ho diviso molti anni di lavoro e di avventure.

Non amo ricordare il passato in Università. Quel vecchio volume, però, mi ha gettato in una burrasca di ricordi, non tanto delle ricerche, ma dei viaggi, della fatica e dell’umanità trovati in Sardegna, in quel luogo apparentemente abbandonato da Dio quale, in quei tempi, si narrava fosse il Supramonte di Orgosolo. 

Supramonte … Orgosolo … 1972. Già solo il nome, in quei primi anni settanta, faceva paura. È posto di banditi, di rapimenti, di ammazzamenti - mi dicevano tutti, evocando nomi che per anni avevano avuto spazio nelle prime pagine dei giornali.

Ci sono arrivato che ero poco più che ragazzo, da poco entrato in Istituto come borsista, per poi diventare assistente. 

Mi sarei sposato di lì a qualche mese, indispettendo Susmel per la mia decisione. Il matrimonio la distrarrà dal lavoro! - mi diceva, scuro in viso. Sorrido al ricordo! Qualche mese prima mi aveva invece domandato: Viola, ha impegni la prossima settimana? Due giorni dopo ero in volo per Cagliari, col compito di prendere appunti alle riunioni cui il Maestro avrebbe partecipato. Appunti … un bel modo per suggerirmi cosa avrei dovuto fare nei mesi, anni, successivi. Si, è vero, tra le note che registravo con molta attenzione non era contemplato il mio matrimonio!

Lasciavo a Padova la morosa per andare a Montes; un nome che evocava una foresta immensa, e deserta, di cui sapevo proprio nulla. C’era tutto da scoprire, lassù!

Eccola qua, la foresta, nelle foto che vi avevo scattate. Ogni immagine mi procura un tremito nel petto; è una scintilla che accende mille altri ricordi. 

Ricordi ed emozioni forti, tutte gradevoli, che ora mi fanno sorridere, e forse anche rimpiangere la durezza del lavoro affrontato in quei tempi. 

Vorrei raccontarne qualcuno, condividerli con voi. Se non vi interessa, ditemelo con schiettezza, e non vi tedierò.

 

Franco



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