La via del Supramonte
3 - Verbali
Non sapevo di chi sarei stato ospite alla caserma di Funtana Bona. Certamente i Forestali mi consideravano uno di loro, e dunque ero loro ospite per il caffè al mio arrivo e poi per il bicchiere della staffa, quando ripartivo per il continente, di lì a cinque giorni. Però, quando, per qualche motivo, dovevo lasciare Sas Baddes e tornare a Fort Apache, sorgeva il problema: di chi sarei stato ospite a pranzo? Forse diventavo la posta di un gioco, e venivo conteso a morra dai Comandanti delle due stazioni. Qualche volta capitò che i Carabinieri venissero a controllare il sito in cui conducevo le mie ricerche. Gironzolavano lì intorno, andavano a salutare il vecchio pastore del cuile a pochi passi dalle mie attrezzature, accettavano, assieme a Zio Archa, un bicchiere di vino e poi mi caricavano sulla loro Campagnola. - Si cena col Tenente di Orgosolo, stasera - diceva il Maresciallo - deve essere nostro ospite! Poi la riportiamo qua in tempo perché lei possa finire le sue diavolerie - … guardavano il leccio ingabbiato nel castello di tubi Dalmine, con le lucine degli strumenti che s’accendevano e si spegnevano come fosse un albero di Natale.
Insomma, quasi ogni mese ero il loro ospite d’onore. Impossibile rifiutarsi. Sarebbe stata un’offesa, e la notizia si sarebbe diffusa in un attimo per tutta la Sardegna, col rischio di qualche dolorosa ripicca, tipo una multa per qualche infrazione al codice della strada.
Si fanno pensieri strani come questo, quando si è soli nel silenzio della foresta!
Del resto, i racconti su episodi di questo tipo si sprecavano nelle chiacchiere che si facevano in caserma, con l’ennesimo bicchiere sempre pieno, sul tavolo.
Un giorno, subito dopo aver lasciato, all’altezza di Orgosolo, la strada asfaltata per arrampicarmi lungo la carrareccia verso il Supramonte, venni fermato dai Carabinieri di Funtanabona.
Favorisca i documenti - esordì brusco ed accigliato il Brigadiere, mi pare si chiamasse Ninì, uno di Avellino. Buongiorno a lei Brigadiere - risposi con voce cortese, evitando il tu che sempre si usava nei nostri incontri davanti al vino. L’altro Carabiniere, uno nuovo, mai veduto prima, sbirciava dentro il furgone, con la canna del mitra poggiata sul finestrino. Mi prese il panico.
É suo il mezzo? - mi chiese il Brigadiere - No, signore, è un mezzo dell’Università, con tanto di targa Servizio di Stato - risposi cercando i documenti nel cruscotto. Il mitra del Carabiniere nuovo s’animò per seguire il mio spostamento in avanti; forse temeva che tenessi nascosta una pistola nel cassetto del cruscotto.
Dove sta andando? - fu l’ultima domanda di Ninì, che mi lasciò perplesso. Evitai la battuta, una delle tante, che mi si era poggiata sulla punta della lingua. Del resto quella strada poteva portarmi solo in un luogo, cioè alla caserma dei Carabinieri e dei Forestali da dove i due erano partiti. La mia risposta fu un Elzeviro di paroloni, conditi con una dovizia di particolari, animata da una punta di perfidia quando notai che il Brigadiere annotava con molta cura le mie parole. Si stancò presto, o forse non aveva più spazio dove scrivere …
Tutto a posto, può andare - concluse, e mi lasciò libero il passo.
Dottore … - mi disse il giorno successivo a Sas Baddes - mi hai regalato il “verbale” più bello che io abbia mai steso. Ieri non sapevo proprio chi avrei potuto fermare su quella strada! Non ci passa quasi nessuno, ma lì avevo avuto l’ordine di andare … un miracolo! Sei arrivato tu, dottore, e ora la mia relazione vale almeno cento di quelle altre conservate in caserma!
Franco
L’albero di Natale
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