La via del Supramonte
4 - Spari
Fanno a gara … di tiro a segno … - m’aveva detto un Forestale di Nuoro indicandomi i cartelli stradali malridotti a colpi di schioppo o di pistola - da queste parti è una tradizione! Si andava insieme verso Orgosolo, e mi raccontava storie di quel paese ammantato di leggende, che io immaginavo fossero cariche anche di fantasie.
Però, più ci si avvicinava ad Orgosolo, più numerosi erano i cartelli ridotti a miseri colabrodo. Finii col sorridere all’idea di quella strana “tradizione”.
Ricordo che poco prima d’arrivare alla caserma di Funtanabona, la strada era scavata nella costa del monte. Quasi sospesa sulla scarpata, la strada svoltava per raggiungere, dopo un centinaio di metri, il piazzale aperto davanti all’edificio. Lì terminava.
Quasi sulla curva, prima del piazzale, c’erano alcuni cartelli stradali: un limite di velocità a 50 km/h: considerai che lungo quasi tutto il percorso, e con un certo rischio, forse si potevano toccare i 30. Poi c’era un segnale di curva pericolosa, a sinistra, quella che bisognava affrontare per entrare nel piazzale, ed infine un cartello di stop, utile forse a richiamare l’attenzione dei visitatori sul rischio di sbattere contro il muro perimetrale della caserma.
Un giorno, poco prima di quella curva, vidi un Carabiniere che agitava la paletta per farmi fermare. Spensi il motore, temendo un altro interrogatorio sui motivi della mia presenza a Funtanabona. Mi allarmai, però, non tanto per il Carabiniere, che stavolta non aveva il mitra puntato contro il furgone, quanto per l’eco degli spari che ritornava verso di noi rimbalzando sul Monte Novo San Giovanni.
Non si può passare, dottore - disse il Carabiniere - oggi ci sono prove di tiro.
Oddio, perdo la giornata di misure - borbottai allargando le braccia e guardando l’orologio.
No … no … altri pochi colpi e poi finiremo - volle tranquillizzarmi il Carabiniere.
Così fu. Trillò un fischietto e il Carabiniere mi fece risalire sul furgone e riavviare il motore.
Superata la curva, trovai il Maresciallo in tuta mimetica con uno strano cappello a tesa larga sul capo; tra le mani teneva un lungo fucile dalla strana foggia, quasi antica. Riconobbi un winchester. Perfetto - pensai - sono proprio arrivato a Fort Apache! A quel punto, aveva anche senso il copricapo usato dal Maresciallo, come quello dei cow boys nei western d’un tempo.
Una meraviglia, Franco! - sorrise il Maresciallo accarezzando con ammirato affetto la canna del suo rifle, nera come la notte - Guarda, da settanta passi di distanza ho centrato con dieci colpi un piattino da caffè … una rosa di neanche dieci centimetri! - continuò con orgoglio il Comandante della stazione.
Guardai dappertutto, ma proprio non riuscivo a scorgere il bersaglio.
Eccolo lì il bersaglio - mi indicò il Maresciallo, la mano tesa verso la scarpata del monte.
Solo allora vidi il cartello che raccomandava di fermarsi prima del muro della caserma.
Era un colabrodo … Sul principio mi stupii, perplesso, poi sorrisi! Il Maresciallo era sì di Frosinone, ma si era presto adeguato alle tradizioni del tiro a segno di Orgosolo!
Franco
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