La via del Supramonte

7 - A pesca


Per raggiungere, a piedi, il nostro sito di ricerca a Sas Baddes, si attraversava un luogo pianeggiante e sassoso dove spesso, in primavera, scorreva, gorgogliando, un ruscello. 

Ci vengono a bere tutte le bestie di qua - mi raccontava Zio Archa - è una benedizione anche per noi! È acqua fresca e pulita … viene da lì … - diceva indicandomi la torre del Monte Novo San Giovanni che dominava tutta la foresta. 

Mi piaceva andare fin lì tra un ciclo di misure e il successivo. Mi inginocchiavo tra i sassi e bevevo lunghe sorsate d’acqua fresca, che tanto mi ricordava quella delle Dolomiti, dove mai avevo patito la sete. Un paio di volte m’ero anche spogliato per lavarmi come mai avrei potuto fare durante l’estate e l’autunno, su al Supramonte. Lo faccio anch’io - disse una volta il vecchio pastore materializzandosi all’improvviso alle mie spalle - lo fanno anche i maiali e i cinghiali, ai quali piace tenersi puliti. Una volta c’erano anche i pesci, che arrivavano fin qua nuotando contro corrente. Più giù - indicava verso la valle - avevo scavato una pozza per i pesci - continuò Zio Arca - così potevo anche pescare … .

Con la lenza? - Domandai stupito - o con le mani? - Il vecchio sorrise, come sempre faceva, ma lessi nella sua espressione una vena di perplessità per la mia ignoranza, mista a compiacimento per aver trovato un argomento su cui poteva insegnarmi qualcosa.

Ma no - continuò, portando la mano verso uno stelo fiorito di Euphorbia cyparrissias - si pesca con quella. Per un attimo pensai che si stesse burlando di me; nessuna lenza si sarebbe mai potuta legare al fusto di una Euphorbia. Ma lui continuò con la spiegazione: - Quando ero bambino, i vecchi di qua punivano i ragazzetti troppo discoli dando loro una scudisciata con la Luedda, una di queste piante. Non era la frustata a far male, ma il succo della Luedda, che brucia sulla pelle come il fuoco dell’inferno, e le gambe colpite si coprono di vesciche che durano anche più di un giorno intero. 

Sorrisi anch’io immaginando Zio Archa che tentava di frustare improbabili trote coi fusti dell’Euphorbia. 

Lui capì e rise. Ma dai! … non si pescava come stai pensando tu … - rise ancora più di gusto - ma pestando la Luedda tra due sassi fin che diventavano bianchi di succo e poi buttandoli nella pozza d’acqua. I pesci impazzivano, quasi accecati, e venivano a galla, tramortiti. Così allora noi li prendevamo, proprio con le mani, solo quelli che ci servivano, e potevamo mangiarli freschissimi dopo averli lavati con l’acqua pulita.

Guardai Zio Archa ammirato. Lui gongolò, abbassando gli occhi. Abbiamo sempre fatto così, qua da noi; altro che dinamite, come si dice facciano alcuni pescatori da qualche parte in Continente … qua si fa in silenzio, meglio se t’aiuta la natura!


Franco



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