La via del Supramonte

8 - Storia


Per un paio di settimane mi dedicai a misure diverse da quelle di routine che, in mia assenza, svolse Beppe. 

Zaino in spalla, armato di cordella metrica, di cavalletti per la misura del diametro, di ipsometri per determinare l’altezza degli alberi e di registri per annotare in ordine i risultati, in quei giorni percorsi ampi tratti della foresta per determinarne la variabilità di forme, di composizione e di consistenza. 

Ho avuto molta fortuna: non mi sono mai perduto, lì a Montes, e sono sempre riuscito a trovare la via del ritorno. Sono certo, però, che mai sono stato solo nel mio girovagare per la selva; a parte i cinghiali, che sentivo muoversi nel fitto delle macchie intorno a me, di sicuro avevo addosso gli occhi di qualche pastore, amici di Zio Archa, il quale, magari, s’era raccomandato con loro di vigilare sulla mia sicurezza ed incolumità. 

Mica siamo soli, sai, qui in Supramonte. C’è qualcuno che vien quassù perché così deve fare … e non vuole di sicuro incontrarti, e conoscerti … - si lasciò sfuggire una volta il mio vecchio amico. Forse voleva che io capissi, senza dover dire di più.

Di sicuro non ero informato dei fatti di cui si bisbigliava in Sardegna; forse ero incosciente a concentrare i miei pensieri solo sulla ricerca. Sta di fatto che lassù, in foresta, non ho mai provato paura. 

Il saluto dei Carabinieri di Funtanabona che ogni tanto venivano a trovarmi a Sas Baddes mi faceva piacere, ma non contribuiva a farmi sentire protetto. Da chi, poi? Dai cinghiali?

Spesso, in quelle settimane, arrivavo fino ad uno sperone di roccia puntato verso una gola, Su Gorropu, dove, mi avevano detto, scorre impetuoso il Flumineddu, il torrente che segna il confine tra Orgosolo e Urzulei. 

Lì, su quello sperone, sono allineate in cerchio enormi pietre appena squadrate: si intuisce la forma di un nuraghe: è il Nuraghe Mereu, m’hanno spiegato in caserma … il Supramonte è abitato da un po’ di tempo, sai,  … da qualche migliaio di anni, si dice …

Seduto su quelle pietre guardavo verso Su Gorropu, e immaginavo il mare lontano, dietro le montagne, là dove l’orizzonte sempre sfumava nella foschia. 

Cosa ci facevano qua? - mi sono spesso domandato, immaginando gli antichi abitanti del monte, magari seduti come me ad attendere l’alba offuscata dalla foschia, oppure in guardia per qualche possibile minaccia portata, chissà da chi, alla sicurezza della loro terra. 

Mi turbavano quei pensieri, come il silenzio di quel luogo. Tremila, forse quattromila anni … tanti ne sono passati, coprendo di magia il mistero dei Nuraghi, e di quel Nuraghe in particolare, costruito in montagna, nel cuore d’una foresta, sospeso quasi nel vuoto.

Quel segno della storia mi intrigava, e mi chiamava, così che allungavo il cammino per sedermi su quelle pietre a sentire il peso del tempo, nell’immobilità dell’aria, nel sole e nel silenzio.


Franco







Commenti

Post popolari in questo blog