Sassi


Lo vedo ogni giorno sulla libreria quando alzo gli occhi dal computer. Me lo diede una  vecchina che, in un villaggio arroccato tra le pietraie a pochi passi dal valico sull’Atlante, riuscì a vendermi quel sasso.

Volevamo raggiungere il Sahara, superando l’Atlante. Poco prima del valico, l’autista dovette fermarsi per dare fiato al motore sfiancato dalla salita. 

C’è un caffè, dove potete bere qualcosa - ci disse indicando una porta. 

Escludendo l’acqua, assolutamente da evitare a meno che, proprio sotto ai nostri occhi, non ne venisse aperta una bottiglia sigillata, si poteva scegliere tra un caffè bollito nel pentolino, col metodo che un tempo da noi si diceva alla turca, oppure un the alla menta, sempre preparato con l’acqua bollita sulla stufa la cui fiamma stemperava l’aria fredda del locale. 

A fianco del caffè si apriva una botteguccia, che serviva i cinquanta o cento abitanti del villaggio. Attraverso i vetri della porta, vidi allineate sul banco cinque teste di pecora, o forse di capra. Mi fecero impressione; lì per lì considerai una barbarie la decapitazione di una pecora, ma poi pensai che in quel posto, abbandonato da dio, la pastorizia fosse l’unica fonte di reddito, e di alimentazione. Le capre brucano ogni cosa, e si accontentano di poco, pensai. 

Mi tornò alla mente un pastore di Oristano che conobbi sul monte Grighini, una montagna di ben altro aspetto rispetto all’Atlante. Un giorno mi offrì un boccone d’una prelibatezza che aveva portato da casa; una testa di pecora! Dopo averla abbrustolita a puntino sul fuoco acceso nella radura del bosco in cui ci si incontrava, la aveva aperta col coltello così da poterne cavare il cervello che, salato, mi offrì tendendo la mano. Superato l’iniziale disgusto, trovai poi delizioso quel boccone!

Dalla bottega uscì una donna molto anziana, vestita di nero e coperta da uno scialle lunghissimo che le scendeva dal capo. Mi tornò in mente la nonna, che teneva sempre sulle spalle uno zendale, lo scialle tipico delle donne veneziane. Vedrai che … - pensai - … anche nell’abbigliamento c’è un legame tra Marocco e Venezia!

La vecchina teneva in mano un involto di carta di giornale. Mi guardò, e aprì il suo pacchetto. 

Disse qualcosa in una lingua che non capii, tranne l’immancabile bizaf, che, l’avevo ormai imparato, significa molto. Pensai che anche a Venezia, da sempre, in gran quantità si dice a bizzeffe.

La nonnina passò allora ad un misto di francese e di chissà quale lingua: cinquecento dirham … - mi propose - Figurati! - risposi - facciamo cinquanta … Mi fai patire la fame … - brontolò lei, avvilita - dai, almeno duecento … 

Contrattai a lungo, fingendo malavoglia, ma quel sasso proprio mi affascinava: un geode dentro cui brillavano piccoli cristalli di quarzo violetto.

Così, alla fine, mi portai a casa un ciottolo colorato a memoria del deserto sassoso che, a perdita d’occhio, s’estendeva al di là dell’Atlante, assieme al ricordo del sorriso felice della vecchina, venditrice di sassi, che rientrava svelta nella sua bottega, al riparo dal gelido vento dicembrino dell’immensa montagna. 


Franco


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