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Visualizzazione dei post da settembre, 2024
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  Polvere di Santo Sono frammenti di memoria davvero strani.   Dovevo essere proprio piccolino … forse tre, al massimo quattro anni.   Quell’estate eravamo saliti a Mezzaselva di Roana, sull’Altopiano. Pierlorenzo, mio fratello, si era ammalato, in primavera, e il medico aveva sentenziato che aveva bisogno d’aria di montagna. Lì, in quella frazione di Roana, che già era un paesino minuscolo, aveva affittato casa un fratello del mio papà. Anche Renato, suo figlio, aveva bisogno d’ aria buona .   Così le nostre due famiglie s’erano trovate vicine. Andavamo spesso a trovare i nostri parenti; del resto, in quel deserto di prati e di boschi, era l’unica occasione di socialità. Io ero tenuto sempre in disparte: ero troppo piccolo per giocare con gli altri. Così mi sedevo ai margini del cortile a guardare i ragazzi che giocavano col pallone; lì passavo il tempo appallottolando tra le dita palline di argilla colorata che cavavo con le unghie dalle pietre che delimitavano il campo da gioco dei
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Nostalgia È cambiato il tempo: non c’è più l’arsura dei giorni passati, e la sera si gusta un fresco insolito, che quasi non si ricordava più.  È finita l’estate, avrebbe detto la Gemma; anzi, avrebbe anche citato un antico proverbio: con ferragosto rinfresca il bosco .  C’è voluto un mese in più, ma per fortuna il bosco s’è rinfrescato anche quest’anno.  Anzi, in montagna è anche nevicato.  Guardando verso nord, ieri ho veduto le Dolomiti imbiancate. È raro vedere le montagne, da Padova,; c’è troppa umidità, qua da noi, ma il vento e la pioggia hanno pulito l’aria, e così si sono mostrate le cime aguzze di qualche monte, forse quelle dell’Antelao, o del Duranno, od anche il Pelmo, el Cadregon del Padre Eterno , come lo chiamano in Cadore. Non ho nostalgia delle montagne, quelle che ho goduto e patito lungo i cinquant’anni delle mie attività accademiche e professionali. Quando mi capitano sott’occhio foto che evocano anni lontani, mi soffermo ad ammirare gli scatti marini più di quelli
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Vascello Mi spiace da morire … non ne ricordo più il nome. Eppure era uno degli amici più stretti di Carlo: ci si incontrava quasi ogni giorno alla spiaggia del Poetto, e con lui si giocavano partite accanite a dischetti mettendo sempre in palio una birra in caraffa mescolata con gazosa e cubetti di ghiaccio. Un giorno arrivò con una barca legata al tetto della macchina. Era di legno, disegnata e costruita da lui con pazienza e maestria, seguendo un modello scovato su di un libro recuperato nella biblioteca della Facoltà di Lettere in cui insegnava. Una barchetta, piccolina, ma bellissima, con il fasciame incastrato alla perfezione, con tanto d’ albero e di boma , e con deriva mobile che dava sicurezza alla navigazione anche di bolina, con vento teso.   Non capivo nulla di tutte quelle parole del gergo marinaro, ma guardavo a bocca aperta quella meraviglia e con stupore il suo costruttore.   Monta su, dai, che tra qualche giorno sarai in Continente, dove queste cose te le potrai s
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  Il Corriere Era il dodici luglio, e faceva molto caldo, quell’anno. A Padova era arrivata tutta la famiglia. Una laurea valeva ancora qualcosa, a quei tempi.   Anzi, quel giorno, di lauree se ne sarebbero festeggiate due: la mia e quella della mia morosa. Io di mattina, lei nel primo pomeriggio. Il mio relatore era partito per Mogadiscio una settimana prima: a presentarmi alla Commissione sarebbe stato il direttore dell’Istituto di Chimica, che non nascondeva la sua antipatia verso i docenti del mio corso di laurea e, soprattutto, verso i loro studenti. Un paio di giorni prima mi aveva mitragliato con battute davvero acide mentre gli esponevo la tesi , ed ero preoccupato per quello che avrebbe potuto combinare davanti alla Commissione di Laurea. Quella mattina io e la mia famiglia eravamo arrivati per tempo al Bo’; dovemmo dunque attendere a lungo, al caldo, sul loggiato del Cortile Antico.   Il tempo sembrava non passare mai mentre si attendeva che la Commissione concordasse la proc
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  Settebello Al termine delle sue vacanze, a Villabalzana, Isa mi portò con sé a Cagliari. Quattordici anni … avevo appena terminato le medie. Tornai a Vicenza un paio di settimane più tardi, con Carlo, che era commissario agli esami di maturità: esami a settembre; allora si rimandavano anche i maturandi quando non erano preparati a sufficienza.   Il viaggio verso la Sardegna fu forse il mio primo vero viaggio, in automobile; tappe in Toscana ed in Umbria … Carlo, che sapeva tutto di tutto, faceva da guida. Io ero sempre con gli occhi e la bocca spalancati, un’emozione che ancora ricordo, vivissima.   Ma ricordo anche il dramma di mio cognato, al porto di Civitavecchia. Siamo arrivati tutti interi! - aveva esclamato spegnendo il motore. Una affermazione prematura: dopo un secondo fummo tamponati, lì, sulla banchina del porto, mentre attendavamo che la Renault sportiva di Carlo venisse imbragata in una rete di canapi per essere calata nella stiva della nave, come si faceva a quei tempi