Medicine La mamma teneva chiuso a chiave solo uno stipo laterale del cassettone che troneggiava nella sua camera da letto. Per me era una sofferenza! Nei momenti peggiori di noia, il mio gioco preferito era sgattaiolare alla scoperta degli angoli più nascosti di casa. C’erano stanze e stanzette davvero misteriose, riempite di cianfrusaglie che nessuno voleva buttare: questo bastone era di tuo bisnonno Lorenzo … figurati, questo berretto era invece di Raffaele, tuo bis bis zio , il garibaldino … e via a ricordare il valore di oggetti abbandonati all’oblio e coperti da un dito di polvere. Quello stipo in camera della mamma era rimasto l’unico luogo veramente misterioso e inaccessibile della casa. Ne scoprii il motivo il giorno in cui Fernando, il mio fratello maggiore, tornò dal lavoro con la tosse e un terribile prurito sul petto. Contattato il medico di fiducia, si decise la terapia: da una scatola di cera da scarpe, acquistata in farmacia, venne recuperata una crema color marrone sc
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Visualizzazione dei post da novembre, 2024
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Vernacolo Facevamo le capriole pur di vivere insieme il tempo “libero” del sabato e della domenica. Quando si smise di frequentare l’istituto anche la mattina del sabato, avemmo finalmente l’opportunità di raggiungere il centro per qualche acquisto particolare e, soprattutto, per respirare l’aria della città. Ci piacevano le piazze. C’era sempre confusione: l’ umanità sembrava darsi appuntamento intorno al Palazzo della Ragione e Sotto il Salone . Umanità padovana, dotata di quel timbro di voce che la distingue da quella vicentina e da quella veneziana: inconfondibile! Era un gusto ascoltare i verdurai e i frutaroi di Pazza delle Erbe contendersi gli acquirenti gridando a squarciagola la qualità della loro merce. S’ascoltavano quasi le stesse parole da un capo all’altro della piazza, e le medesime battute, spesso scurrili, ma urlate in vernacolo con le inflessioni particolari dei paesi intorno a Padova, quelle dei Colli, delle grave ai confini con Vicenza e Treviso, o degli or
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La banda Non ho resistito. Del resto, stare a guardare la TV, in poltrona, col cervello messo a riposo, non è proprio il mio ideale di vita, almeno di quella parte di vita che mi sta ancora davanti. Così mi sono messo alla tastiera, e per qualche mese ho sistemato un po’ di pagine che già avevo abbozzato, recuperando qualche idea anche da Attimi , cioè da questo blog . Alla fine, il lavoro non mi convinceva, forse nemmeno mi piaceva. Poco male - mi sono detto - in agenda non vedo molti impegni per i prossimi mesi, posso ancora continuare con questo gioco editoriale, ma con altre idee. Così, cestinato il primo tentativo, mi sono lanciato in un secondo. Ancora ricordi d’infanzia. Un bambino fortunato - mi ha fatto sapere un’amica cui avevo proposto in pre-lettura quelle pagine di memoria - un bambino con una vita piena di stimoli, di sollecitazioni nonostante gli anni grami del dopoguerra! Ho considerato quel suo giudizio come un imprimatur . Ho chiesto appuntamento all’editore
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Buongiorno Ma dai, Alessandra, perché non si dovrebbe sperare in giorni migliori? D’accordo, TV e giornali ci sommergono di pessime notizie. Guerre e disastri ovunque, lazzaroni che sembrano impegnati a rendere il mondo sempre peggiore, e il continuo declino dei valori che un tempo si attribuivano all’ umanità . Però mi ostino a leggere il giornale mentre faccio colazione. Poi mi intestardisco a guardare il telegiornale, a pranzo e ancora a cena. A fine giornata mi rendo conto che lo stomaco e la digestione urlano il loro disappunto e così mi caccio in letto brontolando. Eppure, in quegli istanti prima del sonno, si accende la speranza che l’indomani mi potrà essere annunciato qualcosa di buono, di positivo. Perché non dovrebbe accadere? Va bene, mi accontenterei anche di una notizia piccola piccola, ma positiva, di una immagine che possa donare un istante di serenità, magari anche un sorriso, una emozione per qualcosa d’inatteso. Come ogni mattina apro la finestra e lascio