Campi

Al papà e alla mamma piaceva camminare tra i campi. Io credevo che volessero controllare come procedeva la stagione, se l’uva maturava a dovere, se c’era frutta da raccogliere per gustarla poi a tavola. 

Ora so che non era così.

Amavano il silenzio della campagna, l’odore della terra e il profumo degli alberi e delle viti scaldate dal sole. Andavo sempre con loro, e ne studiavo i passi, le parole, anche il respiro. Scendevano fino alla bocca della cava, e di lì prendevano la stradina che portava al Vignale. La mamma sempre si fermava sotto i due grandi maronari piantati al termine del sentiero. 

Senti che fresco - esclamava, studiando il campo che le si apriva davanti; respirava a pieni polmoni, fiutando l’aria, come faceva Dick, il cane di Fernando. - Senti che profumo di pesche!

Prima che la mamma glielo chiedesse, il papà era già andato tra i filari delle viti ed ispezionava i rami dei piccoli alberi di pesca che vi crescevano in mezzo, cercando qualche bel frutto da portare al fresco, sotto i grandi castagni. Tornava con alcune piccole pesche, calde di sole e screziate di rosso e d’oro. Il papà le spaccava a metà solo torcendole tra le dita, e tutto intorno si spandeva il profumo dell’estate. Attendevo quel gesto, che cercavo di imitare quando al Vignale scendevo da solo, o con Dario, nella continua esplorazione del nostro speciale paradiso. 

C’era un posto, tra quei campi, che mio cugino ed io amavamo più d’ogni altro. Giù, quasi nel punto più lontano da casa, la poca terra cedeva spazio ad una larga pietra bianca e liscia, tra le cui crepe cresceva qualche fiore stentato. Stavamo seduti lì, sulla pietra calda, ad indicarci le piccole farfalle che ci volavano intorno. 

Si passava il tempo sfidandoci in qualche gara. La preferita: tenendo immobili le braccia davanti al viso, quei variopinti petali volanti finivano per appoggiarsi sulle mani. 

Vinceva chi ne contava di più sulle dita.


Franco


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