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Visualizzazione dei post da novembre, 2025
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  La via del Supramonte 6 - Allo … che ? Susmel conosceva a fondo la letteratura ecologica e forestale europea. Istriano, aveva frequentato scuole tedesche e conosceva alla perfezione quella lingua; parlava fluentemente anche il francese. Aveva a lungo frequentato i centri di ricerca del centro e del nord Europa, dove aveva conosciuto di persona i più noti studiosi della Selvicoltura, dell’Ecologia, e della “Paesaggistica”, come allora venivano chiamate le future scienze ambientali.   Quando il maestro discuteva delle ricerche affrontate dal suo istituto, amava inserire nei ragionamenti moltissime parole “tecniche” di derivazione straniera, soprattutto tedesca, che ai suoi interlocutori risultavano spesso ostiche, se non proprio incomprensibili.   Un giorno, si era tutti riuniti a Cagliari, se ne uscì con una espressione che lasciò perplessi quelli che l’ascoltavano: Viola - mi indicò con un gesto del braccio - deve allestire una tavola allometrica ! Bisognerà abbattere...
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  La via del Supramonte 5 - Spuntino C’erano due Archa in Supramonte, e a tutti e due ci si rivolgeva con rispetto chiamandoli Zio .   Il primo, che incontravo in Caserma dove mi fermavo quando salivo verso la foresta, era il forestale più anziano della stazione, un po’ malandato e per questo destinato a funzioni di segreteria, e di cucina. Brontolava in continuazione perché nulla andava come lui avrebbe voluto. Tutta colpa di quelli che pretendono di comandare dal Continente - sosteneva - per Roma ci vorrebbe ancora Nerone - seguitava a borbottare, ma con voce alta a sufficienza che tutti sentissero. Non portava mai l’arma d’ordinanza, ma quando usciva ad attingere l’acqua fresca alla fonte, dieci metri fuori della porta, si sistemava a tracolla la doppietta: era sardo, e i sardi la doppietta devono portare! Il secon do Archa era l’opposto. Sorrideva già da lontano, appena mi intravvedeva. E si avvicinava con la mano tesa, perché gli amici si danno la mano, per dimostrare c...
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  La via del Supramonte 4 - Spari Fanno a gara … di tiro a segno … - m’aveva detto un Forestale di Nuoro indicandomi i cartelli stradali malridotti a colpi di schioppo o di pistola - da queste parti è una tradizione! Si andava insieme verso Orgosolo, e mi raccontava storie di quel paese ammantato di leggende, che io immaginavo fossero cariche anche di fantasie. Però, più ci si avvicinava ad Orgosolo, più numerosi erano i cartelli ridotti a miseri colabrodo.   Finii col sorridere all’idea di quella strana “tradizione”. Ricordo che poco prima d’arrivare alla caserma di Funtanabona , la strada era scavata nella costa del monte. Quasi sospesa sulla scarpata, la strada svoltava per raggiungere, dopo un centinaio di metri, il piazzale aperto davanti all’edificio. Lì terminava.   Quasi sulla curva, prima del piazzale, c’erano alcuni cartelli stradali: un limite di velocità a 50 km/h: considerai che lungo quasi tutto il percorso, e con un certo rischio, forse si potevano toccare ...
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  La via del Supramonte 3 - Verbali Non sapevo di chi sarei stato ospite alla caserma di Funtana Bona . Certamente i Forestali mi consideravano uno di loro, e dunque ero loro ospite per il caffè al mio arrivo e poi per il bicchiere della staffa, quando ripartivo per il continente, di lì a cinque giorni. Però, quando, per qualche motivo, dovevo lasciare Sas Baddes e tornare a Fort Apache , sorgeva il problema: di chi sarei stato ospite a pranzo? Forse diventavo la posta di un gioco, e venivo conteso a morra dai Comandanti delle due stazioni. Qualche volta capitò che i Carabinieri venissero a controllare il sito in cui conducevo le mie ricerche. Gironzolavano lì intorno, andavano a salutare il vecchio pastore del cuile a pochi passi dalle mie attrezzature, accettavano, assieme a Zio Archa, un bicchiere di vino e poi mi caricavano sulla loro Campagnola. - Si cena col Tenente di Orgosolo, stasera - diceva il Maresciallo - deve essere nostro ospite! Poi la riportiamo qua in tempo per...
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  La via del Supramonte 2 - Sas Baddes L’Istituto acquistò un furgone. Sui fianchi fu scritto: Università di Padova - Laboratorio di Ecologia . Fui orgoglioso di guidare quel mezzo, che sul principio mi pareva consono a venditori ambulanti più che a Ricercatori dell’Università. Però, dopo un paio di mesi di speciali allestimenti, il furgone aveva assunto l’aspetto di un vero laboratorio mobile, stipato di strumenti d’ogni tipo, molti elettronici, dall’aspetto fantascientifico, che dimostravano come lì dentro si procedesse ad indagini e a misure accurate e precise quali nessun umano avrebbe potuto immaginare . Solo il baluginare di cento lucine bastava a intimorire chi si avvicinava al nostro furgone-laboratorio, che davvero era di rango superiore, come annunciava quella scritta magica: Università di Padova. Nel mezzo della foresta, a forza di bulldozer, per il nostro laboratorio mobile venne aperta una carrareccia. Mi vergognai per la ferita, che restò a lungo evidente tra i lec...
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  Morti Si andava a piedi, al cimitero. Ci andavamo tutti, insieme, tranne i nonni che faticavano a camminare.   Lo ricordo, anche se avevo pochi anni e la mia memoria comincia a sfumare. Mi piaceva camminare lungo lo stradone, dove c’erano vetrine dentro cui sbirciare, come quella di biciclette che esponeva anche Vespe, e Lambrette. Mi tiravano subito via: dai … non perdiamo tempo, che la strada è lunga - mi sgridava il papà. Era davvero lunga, la strada per il cimitero anche se il papà conosceva una scorciatoia che tagliava per i campi che allora stringevano ancora la città. Ecco perché viene detto Campo Santo , mi veniva da considerare guardando le stoppie del granturco che spuntavano ingiallite, rugginose, dalla terra scura e umida di rugiada. Prima di lasciare lo stradone avevo strillato per potermi fermare a far la pipì nel Vespasiano, forse l’ultimo rimasto in città. La mamma, inorridita, mi aveva dato uno strattone. Non è un posto dove andare - sussurrava - è sporco …...