Alfetta Quell’anno, il 1950, l’Alfa Romeo vinse il campionato del mondo di Formula 1 col modello 158, la prima Alfetta , pilotata da Manuel Fangio,. L’Italia esplose di gioia: l’Alfa aveva riscattato la dolorosa sconfitta di guerra. Per esaltare degnamente l’impresa, l’Alfa Romeo fece fondere in ghisa cinquecento grandi modelli della sua Alfetta 158 . Era lunga quarantacinque centimetri e pesava circa tre chili. A Natale si fece gran festa anche a casa nostra. Allora avevo quattro anni appena compiuti, e posso ricordare ben poco di quei giorni di festa. Eppure ricordo che la mamma aveva cominciato a preparare il pranzo di Natale qualche giorno prima. Ad esempio, aveva riempito di macedonia un grande bacile di ceramica, quello che in veneto viene detto piadena . La vedo ancora mentre faceva cadere gocce di essenza di mandorla amara sulla frutta tagliata a pezzetti: era la sfumatura d’aroma che lei adorava. Adorava anche le arachidi. Per evitare che i figli sgranocchiassero le nocc
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Visualizzazione dei post da dicembre, 2023
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Vicini vicini Molti anni fa si regolava l’orologio con il segnale orario che veniva trasmesso, prima del Giornale Radio , dall’Istituto Galileo Ferraris di Torino. Lo si poteva fare tre volte al giorno: alle otto del mattino, alle dodici e alle diciannove. Regolare l’ora era un rito, fondamentale anche per mantenere corrette relazioni sociali. Mi puoi dare l’ora giusta ? Chiedeva un amico … si, ho regolato l’orologio col segnale orario … neanche due ore fa . Il secondo non poteva mai essere centrato con precisione, ma il minuto era probabilmente esatto, anche a distanza di due ore dal bip inviato dall’Istituto torinese. Difficile che un orologio, pur se meccanico, sgarrasse di qualche minuto al giorno. Perché l’ora esatta era indicata daTorino? Lì c’era il Centro Nazionale di Meteorologia , cui spettava anche il compito di sincronizzare tutti gli Osservatorii d’Italia grazie ad un segnale che a sua volta riceveva dall’ Istituto di Fisica di Roma, dove il tempo era calcolato att
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Cuore Arrivavamo a Trento il sabato pomeriggio. Ogni settimana, se ci era possibile. La mia mamma, da tempo malata, era ormai prigioniera in casa e credo che per lei il nostro arrivo fosse come un dono del Cielo. Dopo il primo abbraccio, che era tutto e solo per lei, la mamma mi accompagnava dal papà. Era un rito, che si ripeteva ogni volta, sempre eguale. Il papà mi aspettava nello studio, avvolto dall’odore dei suoi libri. In un angolo erano stati sistemati un tavolino e due sedie. Lì c’era la sua vita, il suo paradiso, dove s’estraniava dalle piccolezze del mondo: una splendida scacchiera. Tra noi bastava un sorriso, e tre parole: muovi il bianco . Non si cominciava una partita, ma solo si studiava insieme un finale, qualcosa che il papà aveva già veduto al circolo degli scacchi che frequentava da quando era in pensione, o che aveva trovato sul Corriere, oppure su di uno dei libri scritti da qualche grande maestro. Papà voleva sentire la mia voce, e seguire così i miei pensier
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English and Italian È una commozione che si rinnova quasi ogni giorno. È lì, sul tavolino dove poggiamo i libri e i giornali che stiamo leggendo. Ogni tanto ci viene la curiosità di scoprire qualcosa di più di una parola inglese, o di una con radice inglese, e la mano si allunga su quel minuscolo dizionario, che è veramente tascabile. Solo se serve, si recupera un vocabolario più corposo, o si ricorre alla rete . Ma il primo strumento d’indagine è sempre quello: New English and Italian pocket-dictionary, Fratelli Treves, Milano, 1901 . Non è l’età veneranda del volumetto che mi commuove, e neppure la leggerezza della carta, Oxford Indian Paper , con cui è stato stampato. In prima pagina c’è la firma della mia mamma, scritta a penna, con un inchiostro di cui è rimasta solo la traccia sbiadita, color seppia, che è il colore dell’antico. Mi pare di vederla, la mamma, mentre scrive il suo nome su quel minuscolo dizionario: le appartiene, le è servito a scuola, magari se l’è
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Atomica Cos’è? La domanda è associata ad una foto. La osservo e la studio con attenzione. Mi pare un pannello di quelli che compongono il “ cruscotto ” di un aereo, uno di quelli di molti anno fa. Sorrido all’idea che oggi tutti parlano di intelligenza artificiale . Più artificiale del pannello rappresentato nella foto non c’è proprio nulla. E poi … chi oserebbe sostenere che non c’è stata intelligenza nel processo che ha portato alla costruzione di quel sistema di controllo? Osservo meglio. Mi era sfuggito un particolare … in alto a sinistra si legge BOMB. Cosa vorrà dire quella scritta? La rete è prodiga di informazioni, e ancora di più lo è Fabio, che mi ha inviato la foto. Anni ’50. Aerei turboelica volano altissimi, quasi invisibili ai radar. Non vi sono ancora sistemi di difesa antiaerea in grado di colpirli. Quegli aerei sono carichi del terrore che in quegli anni tormenta ogni persona: portano bombe, bombe atomiche, forse anche le prime bombe all’idrogeno. La foto mostr
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Giorno e notte Puoi intitolare il post Vacanze di Natale, mi ha detto Matteo, cui avevo chiesto di poter usare alcune fotografie che aveva scattato qualche giorno fa. Gliele avevo domandate senza alcuno scopo particolare; mi piacevano, e basta. Mah … - gli ho risposto - mi hanno colpito, ma non so ancora cosa potrei scriverci … vedremo. Anche oggi ho studiato due di quelle immagini di Matteo. Hanno lo stesso soggetto, visto con due diverse angolature. Una è stata scattata al mattino, l’altra la sera, con mille lampade accese nei palazzi, che hanno le facciate inondate di luci. M’è venuto d’immaginare Matteo mentre percorreva una larga e ricca strada di una bella città del Nord Europa, carica di storia, di cultura e di arte. Un luogo da visitare, magari anche da viverci … . È Bruxelles - mi ha poi confermato al telefono - avevo d’andare per uffici. No, credo che non sia città per viverci, ho allora pensato, condizionato da quelle parole; riguardando le fotografie mi è parso di avve