Galanthus Ci sono due possibili scenari, direbbe un climatologo: o gli si cambia nome … o cambia la specie. Bucaneve, Galanthus nivalis , non va più bene. Il mio, cioè quello che tengo in giardino, ha una storia che da sempre mi rallegra, mi dona vibrazioni … primaverili. Avevo appena terminato un mio impegno, in Cansiglio, presentando un nuovo piano alla presenza di un sacco di notabili, lassù, in una fredda giornata di febbraio. Me ne tornavo lentamente verso casa, intorcolandomi in pensieri discordanti: quando tornerò quassù? … Però, è faticoso arrivare puntuali fin qua! C’erano ancora chiazze di neve ai margini della strada. Fu un caso vedere i bucaneve in quelle condizioni. Mi fermai per scattare una foto, un ricordo per il futuro. Poi s’accese l’idea! Recuperato il mio coltellino, con infinita pazienza, attento a non sciupare la piantina e a non essere veduto mentre compivo il misfatto, ho raccolto il mio ricordo di un paio d’anni di lavoro e l’ho portato con me a Padova.
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Visualizzazione dei post da marzo, 2024
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Piazzola Paola ama la fotografia ed è maestra di photoshop . Me ne parla con entusiasmo, mentre fatichiamo sui tapis roulant . In quelle condizioni di esercizi forzati, scanditi dal guardiano/istruttore come fossimo ai banchi di una galea , a me resta solo il fiato per salutare i vicini di remo e per scambiare qualche parola con loro. Ho scoperto così che, anni fa, anch’io ho frequentato lo stesso circolo fotografico di Paola. Lei della fotografia apprezza ogni sfumatura, da quelle tecniche a quelle artistiche, e si impegna a rendere perfetto ogni suo scatto esaltando ogni dettaglio, e dandogli così un’anima! Io, dopo pochi mesi, ho smesso di frequentare il circolo e le sue attività: troppo faticose, troppo complicate … bisogna essere sempre attenti a quello che inquadra l’obiettivo, cioè a prospettive, luci, sfondi, linee convergenti e divergenti, … e poi esposizione, diaframma, focale … c’è poi sempre qualcuno che osserva il tuo lavoro, pronto a giudicare, suggerire e criticare
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Pattada Ero molto orgoglioso della mia automobile: una cinquecento, più volte da me dipinta di bianco, che mi aveva portato avanti e indietro da Trento a Padova per tutti gli anni d’Università. Che nostalgia! E poi, quante vacanze passate insieme su e giù per l’Italia, caricata come un autocarro! E mi conduceva ancora, dopo tanti anni, da casa all’ufficio, senza mai lamentarsi. Ne parlavo con entusiasmo ai forestali, su, al Supramonte di Orgosolo. È fortunato, professore - mi rispose uno di Pattada … - quella macchina lì ha delle balestre fenomenali! Lo guardai stupito. Non avevo mai considerato le balestre della mia cinquecento. Si, mi parevano solide, rigide, mai avevo sbandato in curva … ma chissà quante altre automobili ne avevano di eguali, se non di migliori! Magari ne avessi una, di cinquecento - professore - qua vanno a ruba! Quelle sinistrate spariscono subito … ci recuperano le balestre - guardai il forestale, perplesso - sono fatte con un acciaio davvero speciale, quelle
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Castruccio Si poteva prenotare la vaccinazione solo ad Este. Tutti gli altri centri vaccinali della Provincia erano saturi di richieste. Eravamo perplessi: è lunga la strada per Este! Però potrebbe essere l’occasione buona per far quattro passi per la città - convenimmo - e poi su, alla rocca, ed anche un bel giro nel giardino del castello … un pomeriggio tutto per noi! Fu una meraviglia! Sole, aria di primavera, alberi fioriti, e profumi e … anche una scoperta: Mary Shelley! Sapevo e so quasi nulla di lei. Ho ritrovato il suo nome su di una targa di bronzo, ai piedi del castello. Sulla targa erano incise alcune frasi tratte dal suo romanzo, Valperga. Un romanzo storico, ambientato nel trecento, che in qualche modo - l’ho scoperto una volta tornato a casa - è un inno alla cultura italiana. Mi hanno colpito alcuni passaggi del testo impresso nel bronzo. Al tempo di Castruccio, il protagonista del romanzo, in Italia vi erano solo due luoghi degni d’essere ricordati come fucine di c
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Diga Amavo salire lassù, dove gli alberi non reggono al gelo e al vento che scende dai ghiacciai. Anche le erbe stentano a fiorire nella breve stagione libera dalla neve. A Cornisello si voleva costruire una diga, fatta di pietre accostate e ben pressate, con poco cemento. Avrebbe trattenuto l’acqua dell’Adamello. Poi un salto, di quasi mille metri, per generare la prima energia. Poi, in successione, altre turbine, e molta altra energia di cui il Paese era affamato. Il dramma del Vajont interruppe l’impresa, e la valle del Nambrone, con l’embrione della diga e i due piccoli laghi di smeraldo che attendevano d’essere uniti, venne dimenticata. Ci salivo ogni anno, più volte, tra la tarda primavera e la fine dell’estate. Spesso mi accompagnava mio fratello, che di energia s’intendeva. Poi con me salivano alcuni laureandi, ed infine gli studenti del corso di Pianificazione, che con le mie lezioni concludevano i cinque anni di studio. Insieme si organizzò un progetto di recupero pae
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Ricordi Scrivo. Lo faccio sempre più spesso. La pigrizia mi suggerisce di non fare altro. Un po’ me lo grida anche la fiacchezza fastidiosa che mi assale, forse portata dagli anni, forse stimolata dal cuore malandato. Così mi siedo di fronte al computer e leggiucchio qualcosa sui giornali online . Poi mi viene la voglia di scrivere cose mie: cioè ricordi. Vengo travolto dai ricordi, un po’ arruffati, alla rinfusa. Bisogna ordinarli - mi dico - per non perderli. Con quale ordine? Per ora li sistemo in base all’età … Rivedo amici, e compagni di gioco. Ma guarda - quasi mi rimprovero - sono passati settanta anni, e mi torna in mente solo ora? Perché me ne ero scordato? Eravamo inseparabili … Forse le immagini che mi affollano la mente, che poi sono lampi di giochi, di scherzi, di battaglie a colpi di pallone o con le pistole ad acqua, sono ricordi un po’ falsi, forzati, che io dipingo a mio piacimento perché li voglio belli, dolci, colorati, e non come davvero sono stati quegli an