Sottecchi

Metteva paura a tutti.

Era un terribile menagramo. 

Io ridevo dei timori dei colleghi d’Istituto, che mai pronunciavano il suo nome e anche solo a sentirne indicare la presenza nei paraggi correvano a nascondersi o, se non ne avevano la possibilità, toccavano ferro, incrociavano le dita o sfioravano il cavallo dei pantaloni. 

Ai miei sorrisi quasi s’arrabbiavano, come se non avessi fiducia nei loro giudizi. Allora via, a raccontare mille storielle certificate da altrettanti attendibili testimoni dei fatti. 

Ma di queste sciagure già ho raccontato mesi e mesi fa.

Oggi confesso che con l’Innominato, come era chiamato il nostro menagramo, un po’ di disagio l’ho patito anch’io dopo che fui obbligato ad essergli assistente durante gli esami di Diritto. 

Era apparentemente un uomo benevolo, con una amabile parlata di vago timbro laziale, o forse campano. Diventava però durissimo quando gli esaminandi dimostravano di non aver compreso la ratio di qualche legge, o dei regolamenti applicativi. Come farà ad essere arbitro nelle contese che verrà chiamato a dirimere? Come potrà far applicare la legge se non ne ha capito lo spirito? Come farà ad apparire competente di foreste e di territorio se balbetterà in questo modo di fronte ad una domanda così semplice, quasi banale?

Guardava gli studenti con occhi che parevano pugnali. Poi si girava appena verso di me. Sapevo che voleva da parte mia una sottolineatura alle sue osservazioni, che pur già bastavano a far liquefare i poveri malcapitati. Mi guardava di sottecchi con uno sguardo penetrante, quasi diabolico, che entrava fin nell’anima, facendomi tremare.

Mi è tornato alla mente qualche giorno fa, ammirando una mostra di capolavori del disegno scelti tra quelli del Musée de Grenoble. Ecco qua quel terribile sguardo: è stato fissato per sempre nel ritratto di un editore parigino, Francis Carco, schizzato con stupefacente maestria da André Derain intorno al 1930. 

Lo sguardo del nostro Innominato era proprio così!

Franco