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Visualizzazione dei post da luglio, 2022
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  Coscienza Ultimo giorno di vacanza. C’è stata un po’ di discussione anche oggi, in famiglia.   Ma quando non c’è discussione? È il sale della vita, si dice, ed è vero. Però … mi veniva ancora una volta sottolineata quella correzione del post in cui citavo un filosofo al posto di un altro. Senatus non errat. Si errat non corrigit, Ne errasse videatur. … ha sentenziato mia moglie sparandomi addosso col suo latinorum , che fa male come la doppietta caricata a sale del Rino, di cui avevamo il terrore quando, da piccoli, in campagna, gli rubavamo i fichi nell’orto. I fichi migliori, insaporiti con l’adrenalina! Poi mi è venuto in mente un collega, un prete, anzi, un gesuita, che quell’aforisma lo tirava spesso fuori per dare un senso a quanto si decideva   in consiglio di facoltà. Roba da preti! Quel ricordo mi ha roso ancora di più lo stomaco. Ho corretto perché era giusto farlo. Ho obiettato. E poi mi è piaciuto farlo in quel modo. Mi è sembrato un sistema gustoso per sottolineare la
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  CSP Siamo alle solite.  Una osservazione diretta, senza mezzi termini. Ti rendi conto che ti ripeti in continuazione? Ti accorgi che usi sempre lo stesso giro di parole? La gente finirà per annoiarsi … diventi scontato …  Ma a cosa ti riferisci? Gli domando un po’ piccato, forse impermalosito. L’aria calda che sale dalla sabbia non aiuta ad essere sereni, e pronti a tutto. Ecco qua, comincia a dire col cellulare in mano … anche ieri, ecco … colori, sapori, profumi … sembra che la tua memoria sia fatta solo di questo.  Prova a cambiare, dai, di fantasia ne hai, vedrai che trovi qualcosa. Devo essere diventato verde, o giallo, che sono i colori dell’ira e dell’acidità, che non è accidia, così almeno mi pare di ricordare dei vizi capitali. Ho preso a sudare che l’odore devono averlo sentito anche in riva al mare. Il sapore della bile l’ho tenuto per me. Lui intuisce. Sorride, ed è peggio di una minaccia. Poi dice: se non ci riesci, usa almeno un acronimo … tipo CSP.  Vedrai
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Alexandros Se ne sta tranquillo sul suo prato.  Il sole picchia duramente, a mezzogiorno, e lui è prigioniero in un recinto.  Però non gli manca l’acqua, e nemmeno il cibo. Trotterella spesso da un capo all’altro del prato, come se non gli interessasse l’ombra della casa del padrone.  È un bel cavallo, snello, immagino giovane, col mantello color del cuoio, lucido.  Deve essere anche d’indole docile, dolce di carattere. Almeno così mi vien da pensare, vedendolo insieme ad altri animali che gli stanno vicini: un po’ di colombi, un paio d’aironi e qualche candida garzetta che vengono sul prato sorvolando il canneto che chiude il  fiume, lì dove comincia a confondersi col mare.  Uno spettacolo di natura tranquilla,  e di paesaggio disegnato dagli uomini. Una bella differenza con un cavallo che ho veduto in un disegno di Murer.  Augusto Murer amava la forza, l’irruenza. I suoi cavalli sono irrequieti, trasudano spirito guerriero, anelito alla zuffa.  Lo si capisce anche dallo sc
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Tramonti Il sole è calato da un po’. Abbiamo terminato di cenare.  Siamo stanchi! La giornata è lunga quando si ha nulla da fare, si ozia in spiaggia, e si dormicchia prima che cominci il pomeriggio.  Così, solo per aiutare la digestione, passeggiamo un poco lungo la strada del porto. È un piccolo porto di pescatori. Attraccano anche alcuni grossi traghetti che fanno la spola con l’isola di Thasos. Altrimenti alle bitte sono ormeggiati motoscafi di lusso, coi proprietari che brindano alle prime stelle, e i pescherecci che vengono sistemati per la battuta notturna. Io mi sento stanco e sono in vacanza. Guardo un vecchio come me che sta ancora rammendando una rete, e fuma. Un po’ mi vergogno. Mi pare che mi stia guardando, di sottecchi. Forse è la mia coscienza che sottolinea la distanza tra noi. Mi giustifico. Forse stasera ho gustato il tuo pesce. Ci hai guadagnato anche tu!  Parte un peschereccio, lento, lungo il canale. L’ultimo traghetto attende in mare: una forma di rispet
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  Oggi due Stamattina mi ha telefonato Eraclito. Era incazzatissimo!  Va bene lo stinco, e passi pure l’atomismo e il fatto che ogni cosa si muove per moto proprio, ma confondermi con Democrito … no , proprio no, non ci sto! Non sto qua a riportarvi la sequela di invettive, di disquisizioni sulla mia memoria e sul cosa mi sia servito il liceo se … Insomma, anche su questo Eraclito può avere ragione. Ma finire a minacciarmi in base al copyright … mi pare eccessivo. D’accordo che lui è conosciuto per quel bell’aforisma: panta rei, ma il principio del movimento continuo degli atomi e di tutto il resto è di Democrito. E poi, scusami un po’, mica ci avevi a che fare tu con lo stinco, e nemmeno coi ragazzi che facevano casino chissà dove, e dove metti i trenta gradi?  Dai dai, un po’ di pietà cerca di averla anche tu, che in ogni caso hai fama mondiale, e le balle le fracassi da secoli agli studenti, senza dover pensare di farlo anche ad un povero nonno pensionato! In vacanza! F
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Atomista Non so se Democrito sia nato ad Abdera, come sostiene buona parte della  storia, oppure a Xanthi, dove vuole la gente di quella cittadina.  Non fa molta differenza, in verità.  I due luoghi oggi si trovano a pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro; praticamente nulla se pensiamo che Democrito di se diceva d’essere stato l’uomo che aveva visto più cieli e percorso più terre di chiunque altro. Sosteneva poi che di ogni luogo visitato aveva studiato le abitudini delle genti, discusso coi sapienti e analizzato tutte le forme della natura. Un enciclopedico ante litteram . Qualcuno vorrebbe anche che per Xanthi sia passato più volte il giovane Alessandro, il macedone e dunque signore di questa regione ai confini con la Tracia. Se ciò fosse vero, non sarebbe improbabile che anche Aristotele abbia veduto questi luoghi, nei quali può aver impartito le sue lezioni al futuro conquistatore di metà  del mondo allora conosciuto. Io ci sono stato solo per qualche ora. Ma questi r
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  Appetito Si fa colazione a bordo piscina. Una figata! Viene così servito anche il senso della vacanza. E del fresco, anche se il cielo, già alle otto del mattino, trasmette l’idea della calura meridiana. Ci si serve al buffet: un trionfo per la gola.  C’è sempre qualche ingordo che esagera, e riempie a dismisura i piatti.  L’eterno conflitto di capacità tra occhi e stomaco! Ci sono però anche i gabbiani, commensali eleganti, di becco buono e di maniere spicce. Un attimo di distrazione e calano silenziosi dal tetto; si librano con le larghe ali dispiegate sul tavolino e si riempiono il becco di salumi, formaggi e pasticcini.  Quasi mai si riesce ad intervenire per tempo, e i gabbiani s’involano per banchettare sul tetto del bar, in alto, irraggiungibili e felici.  Cuochi e camerieri sono furiosi. Ma gli ospiti spesso ridono e fanno spallucce, come se i gabbiani facessero parte dello spettacolo offerto dalla casa Chissà perché ho pensato alla colazione condivisa coi gabbian
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  Opinioni Isola di Kos, duemilacinquecento anni fa. Immagino facesse caldo, anche allora.  Ma la gente pazientava, ed ascoltava.  La leggenda racconta che le lezioni si tenessero all’ombra di un platano maestoso.  L’ombra e la brezza dal mare davano freschezza.  Qua ho l’ombrellone, ed è pure piccolo.  Parlano in tanti, intorno a me. Molte lingue differenti, di paesi che un tempo si diceva fossero dell’Europa dell’Est. Ora sono Europa, e basta.  Anzi, sono il nostro confine, e in molti ne sono contenti. Anche Kos era sul confine tra Oriente ed Occidente.  Ma duemilacinquecento anni fa, sotto il platano, parlava solo uno, e gli altri quasi non respiravano. La lingua era il greco; sembrava musica. Ma il greco di allora aveva un tono deciso, quasi categorico nelle sue inflessioni. Chi parlava, in realtà insegnava, e  le sue parole non lasciavano dubbi, nessuna possibile interpretazione discordante.  È come se lo vedessi. Ippocrate alza la mano e sentenzia: «Ci sono, nei fa
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  Tovaglia Basta una tovaglietta di carta per fare vacanza.  Ci vado volentieri in quella trattoria: è tutto semplice, svelto, pulito.  Ed è fresco, perché ci arriva l’aria dal mare.  In mezzo c’è la pineta, che profuma anche l’idea del fresco. Quando mi siedo al tavolo, il mare ce l’ho ancora davanti.  Una fila di pesciolini variopinti nuota sulla tovaglia, e mi fa montare la voglia di un altro tuffo nel blu.  Una bella idea: trasmette il senso della vacanza, della continuità. Come se dicesse: mica hai lasciato la spiaggia … questo è solo un attimo di pausa. Devi pur soddisfare lo stomaco … non ci sono solo gli occhi, e la pelle al sole … Uno spettacolo! Aspetti il cameriere ma ti pare di nuotare. Poi quello arriva, sorridente, felice di quello che sta per proporti … Una bella frittura? Guardi la tovaglietta di carta con occhi diversi, e ti chiedi se stai per mangiare i tuoi compagni di nuoto. Che tristezza! In politica si parla di conflitto di interessi. Qui ne capis
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  Araldica Non vuole passare. Ne’ a me, ne’ a mio figlio.  Un male di famiglia, la gola.  A tutto resisto, fuorché alle tentazioni, diceva Oscar Wilde.  Vale anche per noi, e finché c’è qualcosa nel piatto si raccoglie tutto, anche il profumo, pulendo bene col pane. Ed ecco il conto, presentato dallo stomaco. A me è rimasta un po’ di nausea, che combatto con cene leggerissime, quasi inesistenti.  Mio figlio sta un po’ peggio, con un giorno di ritardo rispetto a me.  Ma ha lo stomaco forte, lui, temprato dalla cucina internazionale che ama, e vuole sperimentare in tutte le varianti.  Domani di certo starà bene, pronto a riprendere la sperimentazione, con qualche lacrima di coccodrillo a lavargli la coscienza. Anzi, a mio avviso sta già molto meglio, perché dal letto dove s’e’ sdraiato, mi ha mandato un segnale inequivocabile: il motto di famiglia, che suona così … il bene vince sempre contro il male. Ah no, con gli occhiali risistemati ora vedo meglio… qualcosa non mi quadrav
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Zero È il mirino più grande che io abbia mai visto.  Immenso, di cemento e metallo, con una forma particolare: un cono tronco e decisamente sghimbescio, come potrebbe farlo un bambino con la sabbia umida del secchiello pressato sulla battigia.  Ci si gira intorno, chiedendosi cosa possa mai essere.  Solo dopo aver trovato il cartello che ne illustra il significato, e le funzioni, tutto appare chiaro e si inquadra nel senso del luogo in cui è collocato: l’antico osservatorio di Greenwich, vicino a Londra. Di lì, ben segnato a terra con una canaletta metallica, passa il meridiano zero, il riferimento mondiale del tempo, e della longitudine. Il meridiano attraversa questo strano tronco di cono. Giusto a metà. Se alla mezzanotte si guardasse il cielo sereno appoggiando la testa sul punto meno inclinato, esattamente a sud, si vedrebbe la Stella Polare. O meglio, si vedrebbe il punto del cielo in cui si trovava quella stella nell’anno in cui fu costruito quel colossale mirino. Facendo la ste
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Luce Lo sanno tutti che Venezia è magica.  Sono mille i racconti su questa magia. Ma Venezia è quasi sempre diversa da tutto ciò che se ne racconta. Per molti anni ci sono andato per lavoro. Sempre di fretta per arrivare, e di fretta per tornarmene a casa.  Spesso, tornando, ero assorto nei miei pensieri, così da non guardare dove mi conducevano i passi, affidati alla consuetudine di un cammino ben conosciuto. M’è così capitato di sbagliare strada, di non riconoscere più i luoghi e di dover cercare qualche indizio che indicasse la mia posizione nella mappa di Venezia che avevo nella mente.  È in questo modo che ho scoperto la magia di Venezia.  Con occhi stupiti l’ho vista vecchia e cadente, coi muri scrostati e quasi marcescenti, popolata ancora da veri veneziani, da donne che si parlano dalle finestre, attraverso le calli o i rii, con osterie e bacari . Ne ho sentito gli odori, che possono nauseare, ma sono quelli dell’acqua ferma e della vita, i segni della quotidianità. Una sera ho
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Viso   Lo faccio da quando ero bambino.  Ed è una dannazione! Cercavo qualche strana vena nel legno delle porte, o nell’assito del pavimento. Andavano benissimo anche le irregolarità delle pitture sui muri, o le ombre lasciate sulle pareti dalle ciabatte dei miei fratelli a caccia di zanzare. Su quei segni la mia fantasia costruiva le immagini più paurose.  Un viso ghignante, una mano nell’atto di ghermire, un corpo steso, forse dormiente, forse morto, un ragno mai visto di quelle dimensioni … tutto andava bene per stimolare la paura, per garantire l’incubo notturno.  Oddio, bisognava darci una mano, magari con una cena un po’ abbondante, con una pietanza molto saporita, piccante, indigesta … e la cosa era fatta.  Sonno tribolato, dicono in molti.  Quale sonno? Direi io. Mi è successo anche ieri.  Indotto in tentazione col pesce. Anzi no, con pesci e molluschi, con calamari e strani stuzzichini a base di uova …. Ci ho aggiunto una birra, che da tempo non fa parte della mia dieta … Dall
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Due o tre Troppi aggettivi! Cosa servono tre aggettivi? Ne basta uno, due al massimo … Altrimenti la frase diventa pesante, si fa fatica a leggere, si lascia lì …  E poi … ma che parole usi? Ci vuole il vocabolario per capire il senso delle tue parole,  ma uno dell’Ottocento … roba vecchia, insomma.  In quelli di oggi ci scommetto che ne trovi la metà, e con la crocetta … parola morta … no, scusa, tu diresti lemma desueto. Va bene che anche tu sei datato … più o meno di quel secolo, ma devi svecchiarti, o molli lì …  A dirla come vuole lui ci sono restato di m. …  E poi ci ho pensato su tutta la notte. Ho ingoiato un paio di pasticche di magnesia con la speranza di digerire. Di metabolizzare. Ed ho continuato in spiaggia, anche stamattina, con mia moglie che brontolava sul mio umore nero. Mi sono spostato un paio di ombrelloni più in là e ho cominciato a scrivere. C’è brezza tesa, fresca, profumata di rosmarino. Il sole arroventa la sabbia dorata; socchiudendo gli occhi e
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  Invidia Il sole è già alto, e l’aria vaporosa rende chiaro il cielo contro l’acqua scura. Lì, in quel mare placido, o nel cielo, a seconda del gioco della fantasia, adocchio il vascello di Capitan Uncino. Nemmeno mi scuoto. Tengo gli occhi socchiusi e immagino la prua che sempre più veloce taglia il mare, s’alza e s’affonda tra spruzzi e candida spuma, che accarezza la chiglia … Chissà dove mi porta oggi il capitano? Mari del Sud? Attraverseremo l’Equatore tra canti sguaiati della ciurma e solenni bevute di grog? Affronteremo i Quaranta Ruggenti che son lì, in mezzo all’oceano, per respingere quanti vogliono eleggere la Croce del Sud a nuovo riferimento astronomico e nascondere l’Orsa oltre l’orizzonte, a settentrione? Quanti pensieri oziosi in questo sogno d’estate, all’ombra della pineta in riva al mare! Questa si che è vacanza. Cinque alberi? Ma come cinque? Il Jolly Roger di Uncino ne ha solo tre … , è un brigantino, ne sono sicuro. E poi … dov’è il coccodrillo? Non se
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  Pompe La mamma ne era fiera.  La contessa era il suo idolo. Del resto era stata la sua madrina al battesimo. Non è da tutti avere un titolato che ti tiene in braccio e risponde alle domande del prete, tipo: vuoi tu rinunciare alle pompe del demonio? Non so se io ci sarei stato a rinunciare alle pompe … l’ho capito anni dopo che qualcuno aveva risposto per me a quella domanda, di sicuro senza sapere che tipo di pompe aveva il demonio. Ma una pompa, quando si fora la gomma della bici salendo il monte, fa davvero comodo … magari anche una pezza per tappare il buco … che forse il demonio ha anche quella … e te la dà volentieri. Ma no, stupido, mi hanno spiegato, le pompe sono il lusso, la ricchezza ostentata, i soldi spesi senza oculatezza, senza ritegno!  Ah beh, allora è diverso … ma un po’ di soldi non fanno comodo a tutti? Anche ai preti, che durante la messa mi fanno passare tra la gente col sacchetto di velluto in fondo al palo. Che poi devo dirglielo al prete che col vell
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  Balze Devo averlo scritto da qualche parte: il nonno stava in un paese che non c’è! Oddio, esiste, eccome! Ma è sparso sulla cresta del monte, spaccato in tanti piccoli gruppi di case, ognuno col proprio nome, quello della gente che ci abita.   Il nome del paese, se così si può dire, figura sulla targa stradale piantata sotto la chiesa, che venne costruita vicino al cocuzzolo più alto del monte: Villabalzana . Ci sarebbe da scriverci un libro! Se si guardano le antiche carte, quelle del seicento o del secolo successivo, si trova sempre il nome del paese che non c’è.   Ci si potrebbe giocare a lungo con la fantasia. A me basta ricordare che ci ho passato anni di felicità, in quel luogo misterioso.   Felicità purissima: quella che viene dalla libertà. C’era un inconveniente, però. Difficile giocarci a pallone. Stai attento, mi gridava il nonno … se ti scappa, devi correre giù fino a Lumignano per recuperarlo.   Quel paese si che c’era … lo si vedeva benissimo, tre o quattrocento metri
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  Tesoro   Nella prima metà del ‘600, dimenticate da quasi un secolo le terribili devastazioni del Veneto prodotte dalla guerra di Cambrai, venne avviato un progetto di Atlante geografico con i più aggiornati rilevamenti dei domini veneziani. Anche se la Serenissima è ormai incamminata verso il suo irrecuperabile declino, è ancora carica d’orgoglio: mette così in mostra il meglio del suo antico splendore, come le città che ostentano ricchezza e brillano per architetture ed opere d’arte, la campagna coltivata al meglio delle possibilità tecniche del tempo, lo Studio Padovano che mantiene alti i vessilli della scienza e della cultura, richiamando ancora nella città del Santo la migliore e più ricca gioventù d’Europa. Matteo Cadorin, incisore, libraio e estimatore d’arte, si dedicò in quegli anni alla preparazione di carte e di mappe per quel nuovo atlante. In una sua incisione, Padova viene rappresentata chiusa nella possente cerchia muraria che un secolo prima seppe resistere ai colpi i